La piccola Comance

Il nocciolo della storia

L’egoismo è il nemico peggiore di ogni forma di vita comune: inaridisce i cuori e fa seccare i rapporti fra le persone. Il virus dell’egoismo ha colpito il villaggio degli Indiani e la natura testimonia l’infelicità degli uomini. Come fare per uscire dalla brutta situazione? Che cosa fare per far rifiorire la comunione e la solidarietà quando sono morte nel cuore della gente? Ci vuole qualcuno che incominci a invertire la tendenza con un “dono” vero. La bambina fa una rinuncia autentica e tutta la tribù viene premiata.

Molto tempo fa, una terribile siccità si abbatté sui territori degli indiani Comance del Texas. Le immense praterie verdi si trasformarono in tristi distese gialle e secche. Un vento infuocato carico di polvere screpolò la terra e inaridì i fiumi. Le mandrie di bisonti si allontanarono alla ricerca di pascoli più accoglienti…

Molto tempo fa, una terribile siccità si abbatté sui territori degli indiani Comance del Texas. Le immense praterie verdi si trasformarono in tristi distese gialle e secche. Un vento infuocato carico di polvere screpolò la terra e inaridì i fiumi. Le mandrie di bisonti si allontanarono alla ricerca di pascoli più accoglienti.

Tormentati dalla fame e dalla sete, gli indiani pregavano e danzavano invano: le piogge non arrivavano e gli uomini cominciarono a morire.

Fu allora che l’anziano uomo-medicina comprese la causa della sofferenza del suo popolo: il cuore degli uomini era diventato arido e triste come la terra e i loro pensieri erano sterili e desolati come il vento.

Era esistito un tempo, si ricordava, in cui gli indiani si aiutavano tra di loro e condividevano le loro ricchezze. Proteggevano i malati e i più deboli, si prendevano cura degli anziani e dei poveri.

Ora invece ciascuno cacciava e coltivava solo per sé, nascondendo gelosamente ciò che possedeva. Tutti litigavano o si battevano con accanimento al minimo pretesto. 

La nipotina dell’uomo-medicina era una bambina gentile che sedeva spesso compostamente accanto al nonno. La bambina conosceva tutte le storie del nonno che descrivevano il tempo del profumo dei fori che inondava l’aria, il tempo degli uccelli variopinti che frullavano tra le fronde dei grandi alberi e dei pesci luccicanti che guizzavano nel fiume. Allora numerosi bisonti pascolavano nell’erba grassa.

Il suo cuore si faceva piccolo piccolo per la tristezza al pensiero che i bambini della sua tribù non avrebbero mai conosciuto la ricchezza della terra e la bellezza delle antiche usanze.

«Nonno» implorò un giorno, «proprio non c’è un mezzo perché il Grande Spirito perdoni il nostro egoismo?»

«Piccola mia» rispose tristemente l’anziano, «Se noi riuscissimo a imparare di nuovo a condividere ciò che abbiamo, a rispettare gli altri e ad aprire il nostro cuore alla bontà e alla generosità, tutto potrebbe andare bene».

La bambina cominciò a riflettere sulle sagge parole del nonno. Quando la notte avvolse il villaggio, prese tutto il suo coraggio e invitò a una riunione tutti gli appartenenti alla tribù. 

«Fratelli e sorelle» disse loro, «è arrivato il tempo per noi di fare un sacrificio. Ricordatevi che nella nostra tradizione, il distacco dalle cose che si possiedono è una virtù molto importante. Così, adesso, tutti noi offriremo ciò che possediamo di più prezioso e lo getteremo nel fuoco come segno di riconciliazione tra di noi e con il Grande Spirito».

Mentre la piccola si dava da fare per ammassare rami e foglie per il falò, gli indiani tornarono nelle loro tende a cercare le offerte. Ma essi non riuscivano a separarsi dai loro oggetti preferiti e buttarono nel fuoco solo ciò che ai loro occhi non valeva niente.

La piccola Comance non aveva bisogno di molto tempo per pensare a ciò che possedeva di più prezioso.

Era una bambolina che suo padre aveva intagliato per lei in un pezzo di legno. Sua madre l’aveva rivestita di un bel vestitino di pelle, ricamato con perle multicolori. Nelle sue piccole trecce fatte di morbidi fili neri, la mamma aveva infilato una magnifica penna azzurra.

La bambina non si separava mai dalla sua bambola, che proprio per questo aveva preso un aspetto consunto e quasi logoro, malgrado tutte le sue cure. Ma per la piccola Comance la bambola era la cosa più bella e preziosa che esistesse al mondo. 

Quando tutti gli indiani della tribù ebbero gettato le loro offerte nel fuoco, la piccola Comance buttò nelle fiamme la sua bambola.

In quell’istante, una pioggia gradevole e abbondante cominciò a cadere dal cielo. Davanti a quella pioggia generosa, gli indiani compresero quanto fossero stati egoisti e le loro lacrime di pentimento si mescolarono alle gocce di pioggia.  

La nuova acqua filtrò nel terreno, rianimò le fonti e riempì i laghetti. Quando tornò la primavera, le colline del Texas si coprirono di una marea di fiori meravigliosi di un azzurro particolare.

Tutti gli indiani riconobbero il colore luminoso della piuma della bambola e seppero che il Grande Spirito aveva mandato un altro segno di riconoscenza.

Il gioco

il gioco del grazie

Per i più grandi

Kabadi (India)

Si traccia a terra un campo rettangolare lungo il doppio di quanto è largo e lo si divide in due quadrati uguali. Le due squadre prendono posto nelle due metà del campo e il gioco può avere inizio. Un giocatore della prima squadra si avvicina alla riga di metà campo, inspira profondamente, attraversa la riga e corre dietro agli avversari, gridando senza sosta «Kabadi, kabadi, kabadi…». Finché è nel campo avversario non può inspirare altra aria. Prima di restare senza fiato deve tornare nel proprio campo. Chi viene toccato da questo giocatore esce dal gioco solo se lui riesce a tornare indietro prima di restare senza fiato. In caso contrario sarà l’inseguitore ad essere eliminato e ad uscire dal gioco. In tutti i casi tocca poi ad un giocatore della seconda squadra prender fiato, attraversare la linea di metà campo gridando «Kabadi, kabadi, kabadi…» e così via. Vince la squadra che riesce a eliminare per prima tutti gli avversari.

Per i più piccoli

La cruz (Spagna)

Quattro squadre di cinque-dieci giocatori ciascuna. Le squadre si dispongono lungo i quattro bracci di una croce immaginaria, ciascuna con i propri giocatori disposti in fila indiana. Al centro della croce deve esserci uno spazio vuoto di quattro passi di diametro. In mezzo a questo spazio vengono posati quattro fazzoletti. Tutti i giocatori allargano le gambe e il gioco può avere inizio. Al via l’ultimo giocatore di ogni squadra passa sotto le gambe dì tutti i compagni, afferra un fazzoletto, si alza in piedi, si sposta in testa alla fila della sua squadra e alza il fazzoletto al cielo. Chi riesce a farlo per primo conquista un punto per la sua squadra. I fazzoletti vengono rimessi al loro posto, le squadre fanno un passo indietro (in modo che resti inalterato lo spazio tra di loro) e così via. Vince la squadra che raggiunge per prima un certo punteggio, concordato in precedenza.

La preghiera del giorno

Dio Mio,
voglio dirti grazie
per l’amore che mi dona fiducia,
per le parole che mi fanno crescere,
per gli sguardi che mi incoraggiano.
Dio mio,
voglio dirti grazie.