Il muro

Il nocciolo della storia

“Il muro” racconta, in negativo, dell’incontro tra gli uomini. Un incontro che oggi è soprattutto «scontro». Troppe persone vivono in case accuratamente sigillate contro ogni ingerenza esterna. Oggi si paga profumatamente per vivere isolati, «non disturbati da nessuno». Si erigono muri reali e psicologici: pregiudizi, diffidenze, prevenzioni, preclusioni. Ogni motivo è valido: dal colore della pelle al paese di provenienza. Sapere che gli altri hanno bisogno di noi e che noi abbiamo bisogno degli altri è il più semplice e profondo dei segreti della felicità. Tutti noi conosciamo la difficoltà dei rapporti umani. La fiaba afferma con molta semplicità che gli altri sono come noi.

C’era una volta, ma forse c’è ancora, un paese diviso in due da un muro. Era un muro alto, massiccio, grigio e minaccioso. Mai, proprio mai, nessuno aveva osato scavalcarlo.
Nel muro non c’erano passaggi, porte o cose simili. Neanche un buchetto piccolo piccolo.

C’era una volta, ma forse c’è ancora, un paese diviso in due da un muro. Era un muro alto, massiccio, grigio e minaccioso. Mai, proprio mai, nessuno aveva osato scavalcarlo.
Nel muro non c’erano passaggi, porte o cose simili. Neanche un buchetto piccolo piccolo.
Quelli che erano nati da questa parte del muro non avevano mai visto quelli che erano nati dall’altra parte e viceversa.
Neppure i gatti osavano avventurarsi da una parte all’altra del muro.
Gigi abitava da questa parte del muro. Era un bambino gentile, con gli occhi castani e i capelli biondi. Ma era stufo di giocare sempre da solo nel cortiletto della sua casa, che era stata costruita proprio contro il famoso e tetro muro.
«Chissà che cosa c’è dall’altra parte del muro», pensava, mentre, svogliatamente, faceva correre le sue automobiline.
«Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?», chiese Gigi, un giorno, alla mamma.
«Perché di là ci abita della gente molto cattiva», rispose la mamma che stava sculacciando di santa ragione il fratellino di Gigi dopo aver sistemato la sorellina nel cesto della biancheria da lavorare, per avere un attimo di pace. «E se non mi credi chiedilo a tuo padre».
Gigi andò a trovare il padre nel suo laboratorio.
«Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?».
«Perché di là ci abita delle gente molto cattiva», rispose il padre, che faceva il ricercatore in una fabbrica di pesticidi e di polverine contro gli scarafaggi, famosa perché inquinava l’aria notte e giorno con una nube di gas velenosi. «E se non mi credi chiedilo a tua zia».
Gigi andò a trovare la zia che era appassionatissima di caccia e di solito mangiava a colazione cuori di lepre e fegatini di passerotto.
«Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?», le chiese.
«Perché di là ci abita della gente spaventosamente cattiva», rispose la zia. «Ti strapperebbero le budella e ti mangerebbero il cuore. E se non mi credi chiedilo a tuo zio».
Lo zio di Gigi faceva l’ortolano e quel giorno stava trafficando nella sua nuova serra dì plastica.
«Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?», gli chiese.
«Perché di là ci abita della gente molto cattiva», rispose lo zio mentre tentava di dare un gusto speciale ai suoi pomodori con una siringa piena di un liquido verdastro. «E se non mi credi ti chiuderò nella mia serra per un’intera settimana».
Gigi ritornò a giocare da questa parte del muro. Ma ormai la tentazione di dare almeno una sbirciatina al di là del muro era troppo forte. Conoscete un bambino che avrebbe resistito?
Vide che il cemento del cortile era scheggiato proprio contro il muro e, quasi con indifferenza, infilò la sua paletta sotto un grosso frammento. Il pezzo di cemento si alzò con estrema facilità. La terra, sotto, era soffice e friabile. Gigi cominciò a scavare con decisione.
«Vedo che hai fatto un buco proprio a misura di bambino», disse la Signorina Occhiridenti, la maestra di Gigi, che per puro caso passava di lì in quel momento.
«Quel buco si è fatto da solo», mormorò Gigi.
«Sicuramente è così», rispose sorridendo la Signorina Occhiridenti.
Gigi aspettò che la Signorina Occhiridenti avesse svoltato l’angolo. Intanto Billy, il suo cane, aveva continuato a scavare sotto il muro con enorme entusiasmo, perché quella di scavare buchi
nella terra fresca era la sua massima aspirazione.
Quando il buco fu abbastanza largo, Billy passò decisamente dall’altra parte. Gigi si intrufolò dietro di lui.
«Ciao», gli disse una voce.
«Ciao», rispose Gigi.
«Come ti chiami?», gli chiese la voce.
«Gigi», disse Gigi. «E tu come ti chiami?».
«Gigi», rispose l’altro Gigi.
Dall’altra parte del muro, infatti, c’era un altro cortile, una casetta, un bambino di otto anni con i capelli biondi e gli occhi castani.
E naturalmente c’era anche un cane.
Il Gigi dell’altra parte del muro portò il Gigi di questa parte del muro a visitare il suo nascondiglio segreto.
«Io ho un fratello, una sorella e un cane», gli disse Gigi.
«Proprio come me», gli rispose Gigi.
Gigi passeggiò con Gigi in lungo ed in largo per la città dall’altra parte del muro.
«Ti comprerei un gelato, ma i miei si sono dimenticati come al solito di darmi la paga della settimana», gli disse Gigi.
«Anche i miei», disse Gigi.
Con un ramo secco i due ragazzi si fecero una lenza e andarono a pescare nel vecchio canale un po’ inquinato che scorreva nella campagna.
«Io non me la cavo troppo bene in aritmetica ed ho un po’ paura del buio», disse Gigi.
«Proprio come me», gli rispose Gigi.
Gigi si arrampicò con Gigi sulla cima dell’albero più alto dall’altra parte del muro.
«Quando io sarò grande sposerò la Signorina Occhiridenti», disse Gigi.
«Anch’io», gli risposi Gigi.
I due ragazzi si presero a braccetto e ritornarono presso il muro.
«Bisogna sempre stare attenti, perché ci sono delle persone spaventosamente cattive», disse il Gigi dell’altra parte del muro.
«Dove sono tutte quelle persone spaventosamente cattive?», chiese il Gigi di questa parte del muro.
«Stanno dall’altra parte del muro», gli rispose Gigi.
Finalmente Gigi si infilò di nuovo nel buco e ritornò a casa sua da questa parte del muro.
Entrò in casa facendo finta di niente, ma la sua fuga era stata notata. Papà, mamma, zio e zia erano là che lo aspettavano con le mani sui fianchi e il cipiglio delle grandi sgridate.
«Gigi!», gridarono, «tu sei stato dall’altra parte del muro!»
«Sì», rispose Gigi.
«Dalla parte dei cattivi!».
«Sì», rispose Gigi.
«E allora», gridarono, «come sono?».
«Proprio come noi», rispose Gigi.

Il gioco

il gioco del grazie

Per i più grandi

Sarebbe molto educativo che i ragazzi scoprissero quanti muri esistono nella loro realtà. L’animatore può preparare dei mattoni di polistirolo e invitare i ragazzi a scrivere su ciascuno di essi il nome di uno dei preconcetti o delle preclusioni che li dividono o dividono l’ambiente in cui vivono. Con i «mattoni» e un po’ di colla si può costruire un muro che poi, con una cerimonia adatta e un pizzico di fantasia, verrà solennemente abbattuto.

La preghiera del giorno

Dio Padre nostro, rendi felici
tutti quelli che ho incontrato oggi,
per strada, in treno, in metropolitana, a scuola.
Dio Padre nostro, ci sono anche
persone che non incontrerò mai,
le persone che vedo in televisione,
persone che sono lontane da me,
persone che soffrono,
persone che sono felici.
Tutte queste persone, tu le ami, Dio Padre nostro,
e tu sei vicino a loro.
Anche tu vuoi conoscerli.
Dio Padre, fa’ del bene a tutte le persone che non incontrerò mai.
Dio Padre nostro,
Penso alle persone che non voglio vedere,
che non voglio incontrare.
Eppure, tu, Dio, li ami. Tu, Dio, vuoi incontrarli.
Fa’ del bene, Padre, alle persone che non voglio incontrare…
Anche a me, Padre mio,
fa’ del bene: ne ho bisogno.
Ne ho bisogno per amare come te.
Ne ho bisogno per incontrare le persone.
Devo proprio dirtelo:
“Padre nostro…»