Il principino prepotente

Il nocciolo della storia

Il principino è un ragazzino come ce ne sono tanti: vuole, pretende, fa i capricci. Non sopporta che qualcuno gli dica “no”. E non pensa alle conseguenze di quello che fa per impulso. Nella vita ci sono esperienze da cui si può tornare indietro, ma da altre non si può. È importante imparare a “pensarci prima”.

C’era una volta un piccolo principe, bellino, biondo e roseo, con due occhioni azzurri così grandi, così ingenui, che a specchiarcisi dentro pareva di toccare il fondo della verità. Ma questo aspetto angelico era ingannatore…

C’era una volta un piccolo principe, bellino, biondo e roseo, con due occhioni azzurri così grandi, così ingenui, che a specchiarcisi dentro pareva di toccare il fondo della verità. Ma questo aspetto angelico era ingannatore.
In realtà il principino era prepotente, vanitoso, maleducato e stizzoso.
Potete immaginarvi lo strazio di suo padre, il cruccio di sua madre e la disperazione del reame. E quando voleva qualcosa, il principino non ammetteva rifiuti.
Il buon re si lamentava, tormentandosi la barba: «Poveri noi! Che penseranno i sudditi? Che re sarà mai il principe? Che fine farà il nostro povero regno?».
Il povero re non aveva torto. Il principino era davvero volubile e capriccioso e ogni momento gli nasceva un grillo nel cervello.
Un giorno voleva che gli staccassero la Luna dal firmamento per appenderla al soffitto della sua stanza; un altro giorno pretendeva le stelle per infilarne una collana; un altro voleva che i rubinetti della stanza buttassero gelato al pistacchio…
E se non veniva esaudito batteva i piedi, strillava, si rotolava per terra, si scagliava contro babbo re e mamma regina e anche contro il senato e il parlamento, e ordinava al boia che frustasse tutti quanti i sudditi, un giorno ciascuno.
Un giorno questo principe sentì che un guerriero, un guerriero potente e magnanimo che aveva combattuto in tutti gli angoli della terra e vinto tutto il vincibile, quando era andato in pensione aveva avuto in premio una sedia meravigliosa.
Con quella sedia si poteva fare a meno del cavallo, ma non solo, con quella sedia si poteva arrivare dovunque si volesse, anche sulla luna, sulle stelle e più su.
Bastava sedersi sulla sedia e dire: «Vola a Timbuktu» e la sedia partiva dalla finestra e in un battibaleno portava il suo passeggero a destinazione.
«La voglio!» disse subito il principino. «Questo è il vero modo di viaggiare!» E pensò alla noia delle lunghe e lente cavalcate da una città all’altra, al passo lento di uno stupido cavallo.
«Non perdiamo tempo! Io voglio comprare quella sedia».
«Comprarla?» Rise il buon re. «Non è roba che si compra, ma che si conquista».
«Allora voglio conquistarla».
«Caro fanciullo, quel guerriero è il più potente e il più valoroso guerriero del mondo».
«Allora voglio rubargliela».
«Figlio mio, quel guerriero è anche il più astuto del mondo».
Ma il principino decise di andare in traccia del grande guerriero e ci andò: e cammina, cammina, giunse in vetta a un monte chiuso tra altri monti, e vi trovò la casa del guerriero. Il guerriero era vecchio e si era messo a riposo lassù, ma quando gli veniva voglia montava in sedia e andava a visitare paesi e città di tutto il mondo. «In Giappone!» diceva, e in un attimo si trovava a pranzo seduto per terra a piedi scalzi con qualche samurai visto col kimono.
Il principetto però lo trovò in casa, che fumava la pipa sulla veranda e leggeva il giornale. Il principetto, con aria umile e deferente, si fece assumere in qualità di paggio. E poi, fingendo di spolverare e lucidare i mobili, incominciò subito a ficcare il naso dappertutto per cercare la sedia magica, ma il nobile guerriero doveva essere molto astuto, poiché il principino non riusciva a scovarla in nessun luogo.
Ma un giorno, spiando dal buco della serratura della stanza del guerriero, il principe vide che il guerriero estraeva da comò sbarre e sbarrette verniciate di rosso e d’oro, che poi incastrava come fossero pezzi del Lego fino ad ottenere una bella sedia. E intanto fischiettava e spazzolava dicendo: «Cara la mia sedia, andiamocene a fare un giretto in Cina. Il Gran Khan mi ha invitato a giocare al suo famoso torneo di briscola e non posso certo mancare: sono il campione uscente!»
Si piantò l’elmo in testa, cinse la spada e spalancata la finestra balzò in sedia esclamando: «Vola e va’! Salamì e salamà!» E la sedia svanì in un vortice di luce azzurrina.
Il principetto aveva il cuore in gola.
«Finalmente!» esclamò, sprizzando malizia dagli occhi. «Adesso so dove tieni la sedia magica, caro cavaliere, e domani sarò io a volare per il mondo».
Andò a trovare un venditore di sonniferi e comprò un decotto di papavero. Quando la sera il guerriero tornò stanco morto, il paggetto gli versò nel caffè il decotto di papavero, e subito il testone del guerriero cominciò a ciondolare.
Il principe si mise subito all’opera. Trovò i pezzi della sedia nel comò e cominciò a montarla. La cosa si rivelò più difficile del previsto. Ci riuscì quando già spuntava l’alba. Allora aprì la finestra, balzò sopra la sedia e pronunciò la formula magica: «Vola e va! Salamì e salamà! Su, in cielo, voglio conquistare la Luna».
La sedia decollò con un balzo possente e cabrò dritta nel cielo. E su, e su, e in alto vertiginosamente, in alto tra le nubi, oltre le nubi. Il principe aggrappato alla sedia con tutte le forze, cominciò ad avere le vertigini e poi fu invaso da una gran paura. Il cielo era sempre più nero e il silenzio sempre più profondo e pieno di mistero.
«Sedia, torna subito indietro» sbraitò il principino. La sedia rise e, essendo magica, rispose pure con una voce divertita: «Bimbo bello, io posso tornare solo se mi dici la parola magica del ritorno!»
«Ma io non la so!» protestò il principe.
«E allora non posso tornare indietro! Dovevi pensarci prima!»
«Per piacere, sediuccia mia, ritorna giù, ritorna giù» piagnucolò il principino.
«Niente da fare! Certe cose non si possono cambiare urlando o piangendo. Te lo detto: dovevi pensarci prima e informarti bene dal mio precedente proprietario. Volevi la Luna e la Luna avrai!»
«Ma io non la voglio più!»
«Troppo tardi!»
Così, oggi, il principino prepotente è ancora sulla Luna, dove ci sono solo polvere e sassi e anche se fa il lunatico o si alza con la luna storta non gliene importa niente a nessuno. E se guardate bene, nelle notti di luna piena, lo vedete lassù tutto solo.

Il gioco

il gioco del grazie

Per i grandi e piccoli

GIALLO QUIZ: Pia Lacorriera colpisce ancora

Sirena della polizia. Entrano BOB CIANFRUSAGLIA e GYM GORGONZOLA)
BOB: (srotolando un tappetino) Largo al sommo Gym Gorgonzola: il grande, il bello, il fusto!
GYM: Grazie, mio fido Bob Cianfrusaglia. Questo dunque è il luogo del fattaccio. Portami i testimoni! (Bob introduce la «boss» Pia Lacorriera accompagnata da un suo scagnozzo)
PIA: (tronfia e sicura di sé) Pia Lacorriera!
GYM: (soprappensiero) Grazie, ma abbiamo pijato la macchina!
SCAGNOZZO: (prende Gym per la cravatta) Come se permette d’ironizzare sulla mia capa, signor For-maggio-coi-vermi? Lo defungo, Maestra?
BOB: Come osate? (adiratissimo) Costui è il grande Sorsoingola… ahem… Lorsoinsuola… (avvilito) Corso… Gorla… Scusate capo!
GYM: (magnanimo) Non importa, fedele Bob. (a Pia) Professione?
SCAGNOZZO: (gesto eloquente colle dita) Eh-eh!
PIA: (Lo fulmina con un’occhiata) Eh sì! Suono l’arpa…
BOB: (scrive) Professione Arpia.
SCAGNOZZO: L’ammortizzo, Maestra?
GYM: Bando alle ciance!
BOB: (sulle ali dell’entusiasmo) Mano alle mance!… Baci alle panche!… Scusate capo!
GYM: Allora… Bob, leggimi il rapporto della polizia locale.
BOB: (legge) Il giorno ecc. ecc. in via ecc. ecc. rinvenuto il cadavere del fu Johnny Di Corsa (singhiozzi disperati di Pia) marito della qui presente Pia La-corriera Di Corsa. (Pia strilla di dolore) Il corpo era supino sul pavimento, colpo di pistola alla tempia, foro di entrata alla tempia sinistra e di uscita alia gengiva superiore destra, gamba sinistra piegata sotto la destra, un bottone strappato alla camicia, portafoglio pieno di soldi, calze bucate: la destra in punta e la sinistra sul tallone. Evidente suicidio.
PIA: Poverino! Mi amava immensamente… non poteva vivere senza di me! Ed ero andata solo a prendermi un caffè! La mia dolce metà! (piange disperata) Aaaaaaauuuuuuuhooo…
GYM: Bob, fa il morto!
BOB: Non so nuotare, capo!
GYM: Mettiti per terra come è stato trovato Johnny Di Corsa!
(Bob si stende per terra nella posizione descritta. Impugna nella mano destra una pistola)
GYM: L’avete trovato così?
PIA: (guarda attentamente) Oh sì sì, povero caro!
GYM: Questa volta ti ho incastrata, Pia Lacorriera! Manette Bob Cianfrusaglia! (si soffia il naso) Scusate la goccia…
TUTTI: Se c’è la goccia è Gym!
PERCHE’ GYM GORGONZOLA PUÒ’ ARRESTARE LA PERICOLOSA PIA LA CORRIERA?

La preghiera del giorno

Signore, da forma, moltiplica e fa crescere
perché ce ne sia per tutti:
per l’affamato e l’orfano,
per chi mendica e chi divora con avidità,
per chi afferra e per chi loda Dio,
e anche per chi se ne va via ingrato.