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Nella città di Chieri Giovanni Bosco dimorò dal novembre 1831 al maggio 1841: gli anni decisivi dell’adolescenza e della giovinezza, durante i quali andò strutturando e consolidando la sua personalità. Arrivò sedicenne, ragazzo di campagna, pieno di buona volontà e ne partì prete ventiseienne, spiritualmente solido, culturalmente preparato, con una gran voglia di tuffarsi nel ministero pastorale, particolarmente a favore del giovani. Un itinerario percorso in due grandi tappe: le scuole pubbliche (1831-1835) e il seminario (1835-1841).
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Istituto salesiano san Luigi
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L’opera salesiana è iniziata il 9 novembre 1891 quando il beato Michele Rua, primo successore di don Bosco, volle aprire un Oratorio per i giovani di Chieri, dedicandolo a san Luigi Gonzaga. Chiesa, edifici, rustico e terreno agricolo facevano parte di un ex-monastero delle suore domenicane espropriato dal governo napoleonico nel 1802 e della villa Balbiano. A questo si aggiunse la parte dell’Oratorio nel 1934
Successivamente, all’Oratorio si affiancò lo Studentato Teologico Salesiano (dal dicembre 1934 al dicembre 1942). Negli ultimi mesi del 1942, quando Torino fu vittima di bombardamenti aerei continui, il Liceo Valsalice si spostò a Chieri fino all’anno scolastico 1944-1945; dal settembre 1945 l’Istituto san Luigi divenne un aspirantato, dove studiavano ragazzi che nutrivano l’ispirazione di diventare sacerdoti salesiani, mentre ai giorni nostri vi è una Scuola secondaria di primo grado paritaria.
Accanto all’Istituto sorge la Chiesa di Santa Margherita. Si tratta di una bella costruzione barocca, ultimata nel 1671 e restaurata nel 1851, a croce greca, con la facciata leggermente incurvata ad accogliere i fedeli. Il campanile venne aggiunto qualche anno dopo, nel 1700.
Fanno parte del complesso dell’Istituto salesiano anche la Chiesa medievale di San Leonardo e la Precettoria di Santa Croce, due pregevoli monumenti storici risalenti, il primo, alla seconda metà del 1200 ad opera dei Cavalieri Templari, e il secondo all’inizio del 1400 ad opera dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme come chiesa annessa all’ospedale.
Chiesa di Santa Maria
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La chiesa di santa Margherita
È una bella costruzione barocca, ultimata nel 1671 su disegni di Pellegrino Tibaldi (1527-1596), poi restaurata nel 1851, unica parte superstite dell’antico convento delle Domenicane.
L’interno, a croce greca, è decorato con pregevoli stucchi di Giovanni Battista Barberini (1666), autore anche delle quattro statue angolari rappresentanti Davide, Salomone, Ester e Giuditta. Gli affreschi della cupola sono dovuti a Gianpaolo Recchi (1670), mentre la pala d’altare, rappresentante l’incoronazione di Maria tra i santi, è di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (1568-1625). Sugli altari laterali due dipinti di Mario Caffaro Rore raffigurano il Sacro Cuore con san Francesco di Sales e san Luigi Gonzaga il primo; Maria Ausiliatrice, don Bosco, Domenico Savio e don Rua il secondo. In una cappelletta posta sul fondo della chiesa, a sinistra di chi entra dalla porta principale, è collocata la statua lignea dell’Immacolata, opera di Ignazio Perrucca (1750), che un tempo si trovava nella cappella interna del seminario. Di fronte a questa statua, ogni giorno, il chierico Bosco per sei anni ha nutrito la sua devozione mariana. Sopra il portale, una lapide ricorda mamma Margherita, che portava il nome della santa titolare della chiesa.
Chiesa e Convento di san Domenico
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Ricordando quel giorno, don Bosco scriverà:
«Tuttora viveva l’antico mio professore P. Giusiana, che con paterno affetto mi seguiva; durante quella messa pianse per commozione. Ho passato con lui tutto quel giorno che posso chiamare di paradiso.P. Giusiana aveva aiutato molto il suo allievo. Sul finire della terza ginnasiale (anno scolastico 1832-33) le scuole di Chieri ebbero una commissione esaminatrice presieduta dal prof. Giuseppe Gazzano, famoso spauracchio degli studenti. La scolaresca entrò in gran fermento. I voti riportati all’esame non furono molto alti. Tuttavia i compagni di Giovanni ottennero tutti la promozione alla classe superiore (quarta ginnasiale). Bosco però rischio la bocciatura per aver passato il suo lavorare ad altri: e, se venne promosso, o dovette all’amicizia del P. Giusiana che gli ottenne un nuovo tema. Giovanni lo svolse bene e fu promosso a pieni voti.
Via della pace
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viale della pace
Usciti da san Domenico si svolta a sinistra su via Vittorio Emanuele. Dopo pochi passi, sulla destra si incontra via della Pace. Gli edifici che si affacciano su di essa costituivano il ghetto degli Ebrei.
Bottega del libraio Elia
Verso la metà del vicolo, a destra , c’erano la casa e la bottega del libraio Foa Elia che Giovanni Bosco, studente di Umanità e Rettorica, si era fatto amico.
Casa di Giona
Sullo stesso lato, nell’edificio in fondo alla strada, ad angolo con via di Albussano (con entrata dal n. 14 di via della Pace), abitava Giacobbe Levi detto Giona che, tramite l’amicizia con Giovanni, abbracciò il cristianesimo e fu battezzato nel 1834, cambiando il nome in Luigi Bolmida.
Convento francescano e chiesa della Pace
La strada conduce al convento della Pace dove, al tempo della permanenza di Giovanni Bosco in Chieri, viveva una comunità francescana con numeroso noviziato. Durante l’anno di Umanità, all’età di diciannove anni, egli si tra nel momento più critico per la scelta vocazionale. Si sentiva chiama dal Signore al sacerdozio, ma la situazione economica familiare non offriva alcuna speranza di continuare negli studi: aveva di fronte ancora un anno di scuola pubblica, un biennio di filosofia e altri cinque anni di teologia. Si domandò, allora, dove veramente Dio lo chiamasse contatto con i Francescani gli suggerì l’idea di abbracciare la va religiosa in quell’Ordine, Presentò domanda nel marzo 1834 e sostiene positivamente l’esame di ammissione al noviziato presso il convento
Seminario
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Il seminario
Il seminario, voluto dall’arcivescovo Colombano Chiaverotti, era stato aperto sei anni prima (novembre 1829) nei bei locali del già convento dei padri Filippini. Il chierico Bosco vi tra scorse sei anni decisivi. Durante il biennio degli studi filosofici (1835-1837) gradualmente abbandonò il vivacissimo e giocoso ritmo di vita degli anni precedenti e concentrò i suoi sforzi nella qualificazione culturale, nell’impegno spirituale, nella esatta e motivata osservanza del Regolamento e nel servizio al compagni. Mansueto, disponibile a tutto e a tutti, sfrutto ogni briciola di tempo libero nella lettura di opere storiche, bibliche, teologiche ed ascetiche. Scelse tra i compagni i migliori e tra questi Luigi Comollo (entrato in seminario nel 1836). Con loro si incontrava per le ricreazioni, per lo studio e la preghiera. Negli anni successivi, durante gli studi teologici, crebbe nella tensione spirituale ed ampliò gli interessi culturali. Si immerse nella lettura di opere sempre più impegnative sfruttando bene le sue giornale, specialmente i mesi delle vacanze estive. Lo sforzo, il lavoro intenso, l’ascetico tenor di vita indebolirono la sua salute, e più di una volta fu sul punto di soccombere; ma la fibra robusta del giovane Bosco non venne spezzata. L’amico Comollo, invece ne fu stroncato e volò al cielo il 2 aprile 1839, a ventidue anni non ancora compiuti. Quando, il 5 giugno 1841, a Torino nella cappella dell’arcivescovado, Mons. Luigi Fransoni gli impose le mani e lo con sacrò sacerdote, la sua formazione culturale e spirituale era completa. Don Cafusso lo inviterà al convitto ecclesiastico per fornirgli quelle capacità pastorali che gli sarebbero state necessarie per affrontare le sfide inedite lanciate dalla trasformazione socio culturale in atto a Torino,
Le solide basi poste nel decennio chierese e i tesori accumulati in quegli anni nascosti e intensi rivelarono la loro fecondità lungo tutto l’arco della sua attivissima esistenza di pastore, educato re, scrittore e fondatore vitalmente inserito nella società del suo secolo. La comunità salesiana di Chieri presenta in terza edizione questo fascicolo, curato con passione e competenza dal comm. Secondo Caselle, il quale, con serie ricerche, ha individuato i luoghi interessanti la vita di don Bosco, documentati dal salesiano coadiutore Teresio Chiesa, fotografo. Ci auguriamo che questo lavoro serva ai molti che amano il “Santo dei ragazzi” e vogliono seguirlo da vicino in uno dei momenti più importanti della sua vita.
Chiesa di san Filippo
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chiesa di San Filippo
Il chierico Bosco si recava quotidianamente a fare la Comunione, «pagando» con il digiuno fino a pranzo.La Santa Comunione poteva farsi solamente la domenica o in altra speciale solennità. Per nutrirsi dell’Eucaristia durante la settimana, bisognava rinunciare alla colazione e andare in san Filippo. Sotto il presbitero venne sepolto il 3-4-1839 il chierico Luigi Comollo, recenti scavi portarono alla luce la sua tomba.
Centro visite don Bosco
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http://www.turismochieri.it/turismo/don-bosco/
Chiesa di san Guglielmo
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Chiesa di san Guglielmo
dava il nome alla piazza è una costruzione remota, più volte rifatta; l’attuale sistemazione risale al 1837. Antica mente era sede della Confraternita del Disciplinati dello Spirito Santo che aveva anche lo scopo di assistere gli ebrei convertiti Nel 1833-1834 Giovanni Bosco, che si trovava ospite alla chiesa di origine cristianesimo. Fece amicizia con il giovane ebreo Giona, pseudonimo di Giacobbe Levi, e lo aiuto nel cammino di conversione. La preparazione al Battesimo fu curata dai padri Gesuiti di sant’Antonio. Il 10 agosto 1834 Giona, accompagnato processionalmente in duomo dai membri della Confraternita e da numeroso popolo, fu battezzato e prese il nome d Luigi e il cognome Bolmida, in onore del padrino Giacinto Bolmida banchiere. Madrina fu la signora Ottavia Maria Bertinetti. Secondo l’uso e gli statuti, la Confraternita dello Spirito Santo ascrisse trai suol membri il neo convertito e gli assegnò un sussidio di 400 lire, dal momento che egli veniva espulso dalla comunità ebraica. Rettore della chiesa di san Guglielmo era don Placido Valimberti (don Bosco nelle MO lo chiama Eustachio), il primo sacerdote incontrato da Giovanni al suo arrivo in Chieri. Don Valimberti era anche insegnante della Quinta. E Giovanni se lo ritrovo come professore quando, a due mesi dall’inizio dell’anno scolastico, venne promosso a quella classe. Due anni dopo il sacerdote gli affiderà le ripetizioni al fratello Luigi, studente di Latinità. In questo, come in altri simili casi, gli esiti furono tanto lusinghieri che la famiglia Valimberti, riconoscente, considerò Giovanni come uno di casa, invitandolo ogni domenica a pranzo
Casa del teologo Maloria
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Chiesa del teologo Maloria
«Mi fu di grande aiuto la scelta di un confessore stabile nella persona del teologo Maloria. Egli mi accolse con grande bontà ogni volta che andavo da lui. Anzi mi incoraggiava a confessarmi e a comunicarmi con maggior frequenza. Era assai raro in quei tempi trovare chi incoraggiasse alla frequenza dei Sacramenti. Io posso ringraziare questo mio confessore se sono riuscito a mantenermi buono».
Casa Marchisio
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Casa Marchisio
La signora ha un figlio che ha poca voglia di studiare. Non è cattivo, ma nutre un’antipatia viscerale a tutto ciò che sa di scuola. Giovannino gli fa da ripetitore e, mettendo in atto precocemente le sue arti educative, riesce a interessarlo talmente allo studio, da meritarsi il condono della pensione. Lo studentello un po svogliato si fa adulto, apre un negozio di drogheria a Castelnuovo, e sindaco per molti anni, manda a Valdocco con don Bosco suo figlio che viene trattato dal Santo con predilezione per la grande riconoscenza che questi sempre sentiva per i suoi benefattori. Sul principio in questa città non conoscevo nessuno. Nelle prime quattro classi ho dovuto imparare a mie spese a trattare con i compagni. Nonostante la severa vita cristiana imposta dalla scuola (ognuno doveva addirittura consegnare la ricevuta della confessione mensile) ce n’erano dei cattivi. Alcuni volevano guidarmi ad un teatrino; altri a fare una partita al gioco, ad andare al nuoto: qualcuno anche a rubacchiare nei giardini o nella campagna.Un tale fu cosi sfacciato, che mi consigliò a rubare alla mia padrona di casa un oggetto di valore per procacciarci dei confetti, to mi sono liberato da questa catena di sfaccendati col fuggire rigorosa mente la loro compagnia a mano a mano potevo conoscerli. Generalmente poi diceva a tutti che mia madre mi aveva affidato alla padrona di casa, e che, per l’amore che io a lei portavo, non volevo andare in nessun luogo ne fare cosa alcuna senza il suo con senso».
Antico Palazzo Municipale
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A sinistra della chiesa di san Guglielmo, nell’edificio che fiancheggia la piazza – con facciata classicheggiante dell’architetto Mario Ludovico Quarini su via G. Nel – aveva sede il municipio. Qui rimase fino al 1842, quando fu trasferito nell’ex convento di san Francesco, sede attuale.
Probabilmente in questo edificio si svolsero le due accademie poetico-letterarie in onore del sindaco e della città di Chieri, ricordate da don Lemoyne, alle quali prese parte anche Giovanni Bosco con la declamazione di brani poetici classici.
Bottega del palazzo Barzochinio
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Nelle ore libere dallo studio Giovannino va in una falegnameria per imparare a piallare, a squadrare, ad adoperare il martello. Riesce abile a costruire mobili, alla buona se si vuole, ma sufficienti agli usi casalinghi. Alcune volte lavora per conto proprio, altre a servizio dei suoi benefattori. Don Bosco, anche in seguito a queste esperienze artigianali, a Torino crea le scuole professionali che lo Stato Sardo non sa e non può far sorgere.
Scuole pubbliche
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Giovannino studia con impegno. Benché sedicenne viene assegna to alla classe preparatoria del ginnasio (ultima elementare). A gennaio del 1832 passa in prima ginnasio; a marzo in seconda; alla fine dell’anno è promosso in terza. <. [/av_toggle] [/av_toggle_container] [/av_one_full][/av_section][av_section min_height='' min_height_pc='25' min_height_px='500px' padding='default' custom_margin='0px' custom_margin_sync='true' color='main_color' background='bg_color' custom_bg='#f4f4f4' background_gradient_color1='' background_gradient_color2='' background_gradient_direction='vertical' src='' attachment='' attachment_size='' attach='scroll' position='top left' repeat='no-repeat' video='' video_ratio='16:9' overlay_opacity='0.5' overlay_color='' overlay_pattern='' overlay_custom_pattern='' shadow='no-border-styling' bottom_border='no-border-styling' bottom_border_diagonal_color='#333333' bottom_border_diagonal_direction='' bottom_border_style='' custom_arrow_bg='' id='' custom_class='' aria_label='' av_element_hidden_in_editor='0' av_uid='av-1vj2w'] [av_one_full first min_height='' vertical_alignment='av-align-top' space='' row_boxshadow_color='' row_boxshadow_width='10' margin='0px' margin_sync='true' mobile_breaking='' border='' border_color='' radius='0px' radius_sync='true' padding='30px' padding_sync='true' column_boxshadow_color='' column_boxshadow_width='10' background='bg_color' background_color='' background_gradient_color1='' background_gradient_color2='' background_gradient_direction='vertical' src='' attachment='' attachment_size='' background_position='top left' background_repeat='no-repeat' highlight_size='1.1' animation='' link='' linktarget='' link_hover='' title_attr='' alt_attr='' mobile_display='' id='' custom_class='' aria_label='' av_uid='av-ztkg'] [av_heading heading='Piazza Cavour e Adiacenza' tag='h3' link='' link_target='' style='blockquote modern-quote' size='35' subheading_active='' subheading_size='20' margin='' padding='10' color='' custom_font='' custom_class='' id='' admin_preview_bg='' av-desktop-hide='' av-medium-hide='' av-small-hide='' av-mini-hide='' av-medium-font-size-title='' av-small-font-size-title='' av-mini-font-size-title='' av-medium-font-size='' av-small-font-size='' av-mini-font-size='' av_uid='av-alceyb'] testimoni [/av_heading] [av_textblock size='' av-medium-font-size='' av-small-font-size='' av-mini-font-size='' font_color='' color='' id='' custom_class='' av_uid='av-k946k5my' admin_preview_bg='']
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Piazza Cavour e adiacente
Proseguendo su via Vittorio Emanuele in direzione di Torino arriviamo nella rettangolare piazza Cavour, detta nell’ 800 piazza d’Arme. A destra, nella parte alta, si affaccia la bella chiesa di san Bernardino, costruita nei primi anni del secolo XVII. L’architetto Bernardo Antonio Vittone più tardi apportò alcune modifiche e ricostruì totalmente la cupola originaria (1740-1744). La facciata con i due bassi campanili sormontati da statue, completata nel 1792, è di Mario Ludovico Quarini. All’interno due belle tele del Moncalvo ornano l’altar maggiore e l’altare laterale destro.
Caffè pianta
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Il sig. Pianta offre a Giovanni il posto di garzone. Dovrà pulire il locale al mattino, prima di recarsi a lezione, e passare le ore serali nel salone del biliardo. In compenso gli viene da la una minestra offerto un giaciglio nel sottoscala, o uno stretto vano a fianco di un piccolo forno dove si cuocevano le paste dolci, corridoio di comunicazione tra la sala del biliardo e i locali del caffè. Per poco che si fosse allungato nel lettuccio, i suoi piedi uscivano non solo dall’incomodo pagliericcio, ma dall’apertura stessa del vanos. «Quella pensione era certamente assai pericolosa a causa degli avventori; ma essendo con buoni cristiani e continuando le relazioni con esemplari compagni, poter andare avanti senza danno morale
Il Duomo
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Tra le tante belle chiese della città, Giovanni predilige questa. Ogni giorno, finché è studente, mattino e sera si reca a pregare
davanti alla Madonna delle Grazie. In sacrestia prepara al corso di latinità il sacrestano Carlo Palazzo lo che a trentacinque anni desidera farsi prete. Da chierico Giovanni Bosco continuò a frequentare il Duomo per le funzioni ed il catechismo domenicale ai giovani In questa chiesa era già stato battezzato, il 18-9-1735, il nonno Filippo Antonio. All’altare della Madonna il 9-6-1841 Don Bosco celebrerà la sua quarta messa.