L’orco senza cuore
Il nocciolo della storia
L’orco è il simbolo di tutto ciò che finisce per essere considerato un nemico incombente e minaccioso. Il re risponde al terrore con la guerra e la forza, ma non ottiene nulla. La soluzione del saggio consiste nel “dare un cuore” al mostro, ritrovare cioè la bontà, la comprensione, l’indulgenza e la tolleranza che possono trovare posto nell’animo di chiunque.
C’era una volta un regno che viveva tranquillo sotto la pioggia e il sole, il vento e la neve. Gli abitanti del regno erano quotidianamente affaccendati, come formiche laboriose. I papà e le mamme lavoravano negli uffici e nelle fabbriche. I bambini e i ragazzi andavano a scuola.
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C’era una volta un regno che viveva tranquillo sotto la pioggia e il sole, il vento e la neve. Gli abitanti del regno erano quotidianamente affaccendati, come formiche laboriose. I papà e le mamme lavoravano negli uffici e nelle fabbriche. I bambini e i ragazzi andavano a scuola. Naturalmente non tutto filava sempre liscio e talvolta gli abitanti del regno dovevano affrontare prove e contrarietà: certi anni pioveva troppo e tante case finivano sott’acqua, altri anni il sole bruciava raccolti e giardini. Qualche volta improvvisi terremoti scuotevano le case e aprivano voragini nel terreno, altre volte i vicini di casa si mettevano a litigare e magari finivano per picchiarsi.
Ma nonostante tutto gli abitanti erano ragionevolmente felici.
Finché non arrivò l’orco.
La prima volta accadde ai confini meridionali del paese. In un grande mercato molto affollato la gente era indaffarata intorno ai banchi colorati, c’era chi vendeva e chi comprava e chi guardava. Improvvisamente l’aria fu scossa da una serie di tonfi, un odore ripugnante, un ringhiare feroce. L’orco, mostruoso e orrendo arrivò con i suoi scarponi di ferro, mulinando le unghie lunghe come falci. I poveracci che riusciva a ghermire sparivano nell’enorme bocca armata di denti aguzzi.
Il re mandò i cavalieri più valorosi ad affrontarlo. Partirono con le loro armature scintillanti ma furono spazzati via come fuscelli
Di notte, l’orco faceva sentire la sua risata perversa. I bambini scoppiavano a piangere e si stringevano ai genitori. I giovani tremanti si rannicchiavano sotto le coperte.
L’orco si nascondeva per un certo periodo poi all’improvviso compariva a devastare un’altra parte del regno.
Il re mobilitò l’esercito con tutte le sue macchine di guerra, ma l’orco mise in atto una sua imprevista magia: sapeva trasformarsi in mille modi imprevedibili: una volta in una mite vecchietta o una placida mucca o in una scimmietta che attirava bambini e adulti con mille smorfie e poi di colpo ridiventava il terribile orco e per i poveri spettatori non c’era scampo.
Anche le celebri spie del re non riuscivano a prevedere le sue mosse. Ben presto il terrore avvolse l’intero regno. Gli abitanti sentivano il cuore stretto nella morsa della paura. Nessuno si fermava più a chiacchierare per le strade. Verso sera, tutti scivolavano verso il rifugio sicuro della casa e poi sbarravano le porte. Anche le osterie chiudevano all’imbrunire e sugli spalti delle mura erano raddoppiati i turni delle sentinelle.
La domanda che fioriva sulle labbra di ogni abitante era sempre la stessa: «Che cosa possiamo fare contro un nemico così forte, perfido e inafferrabile?»
Il re radunava i suoi consiglieri sei volte al giorno. I ministri e i sottosegretari pensavano e pensavano, giorno e notte, i parlamentari parlavano e parlavano, ma nessuna soluzione pareva efficace e praticabile. Non si erano mai trovati a dover affrontare un nemico invincibile come l’orco.
Finché, un giorno, un vecchio consigliere con la barba bianca disse: «Possiamo solo chiedere consiglio al saggio della Montagna Verde».
«Giusto!» esclamò il re, dimenticando che proprio lui aveva mandato in esilio il saggio sulla Montagna Verde.
Partirono tutti in processione, scortati dall’intero esercito. Il saggio li accolse con un sorriso indulgente e disse: «Intuisco il motivo della vostra visita. Voi volete che vi aiuti contro il terribile orco che devasta il regno. Ho capito il problema, ma la soluzione non è semplice. L’orco è così terrificante e crudele perché non ha il cuore. Tutto qui. Tutto cambierà se voi gli darete un cuore…»
I consiglieri del re rabbrividirono.
«Un cuore? E come facciamo a dare un cuore all’orco?»
«Dobbiamo fargliene uno su misura» disse il saggio, tormentandosi la lunga barba. «Dovrà essere un cuore buono e mite e generoso… Quindi non servono i vostri» concluse maliziosamente.
«Allora, come facciamo?» brontolò il re impaziente.
«Lei faccia un proclama indirizzato a tutti bambini del regno, che dica più o meno così: “Tutti i bambini che vogliono donare un pezzettino del loro cuore all’orco che ne è privo si trovino fra tre giorni sulla Montagna Verde”. Poi ci penserò io!».
Il re impartì rapidamente una sfilza di ordini. Segretari e attendenti si misero in movimento.
Tre giorni dopo, uno spettacolo straordinario catturò lo sguardo di tutti quelli che guardavano la Montagna Verde: un corteo variopinto, vociante e saltellante, si snodava sul sentiero che portava alla capanna del saggio. Erano migliaia di bambini, tenuti per mano da mamme e papà un po’ preoccupati a dire il vero, che salivano allegri come passerotti.
Il saggio li attendeva con un grande recipiente d’oro in mano. Appena gli arrivava davanti, ogni bambino posava nel recipiente un pezzettino del suo cuore, il pezzo più buono naturalmente, e poi correva felice fra gli alberi dove erano state preparate tavole cariche di panini, fette di torta, pizze ed enormi caraffe di bevande di ogni gusto e colore. Nessuno sentiva male perché il cuore dei bambini ricresce subito. Solo qualcuno sentì un leggero pizzicorino, ma un bacio della mamma o una carezza del papà facevano passare tutto.
Quando il recipiente fu pieno, il saggio si legò ai fianchi un grembiule a quadri bianchi e rossi e con un mestolo cominciò a mescolare i pezzettini di cuore. Quando furono ben amalgamati, aggiunse un bicchiere di vino rosso, abbrancò l’impasto e lo modellò a forma di cuore, un gran bel cuore tutto nuovo che appena finito cominciò allegramente a fare ta-pùm, ta-pùm. Tutti i presenti applaudirono, mentre i bambini davano inizio ad un colossale girotondo.
Restava la parte più difficile: chi avrebbe mai avuto il coraggio di collocare il cuore al suo posto nello smisurato petto dell’orco?
Non ci fu neanche il tempo di pensarci. Una specie di rombo, accompagnato dal fracasso di alberi schiantati, scosse il terreno. Gli allegri schiamazzi dei bambini aveva svegliato l’orco, che arrivava di gran carriera aprendosi la strada fra i fitti alberi della montagna. Tutti si bloccarono, pallidi e con il fiato sospeso.
Solo il saggio non si perse d’animo, chiamò il più bravo degli arcieri del re e legò il cuore nuovo sulla punta di una robusta freccia, poi, più a cenni che a parole spiegò all’arciere che cosa doveva fare. L’arciere si sistemò saldamente al centro della radura, incoccò la freccia, tese il grande arco e aspettò.
Dagli alberi sbucò improvvisamente l’orrendo ghigno dell’orco, che sbavando ringhiò: «Bene, bene! Oggi farò merenda con bambini fritti e castagne!»
Appena l’orco fu allo scoperto, l’arciere scoccò la freccia verso il torace dell’orco. La freccia volò tesa e rapida come il fulmine, il cuore legato sulla punta si infilò quasi magicamente al posto giusto. L’orco si arrestò sorpreso. Il suo cuore nuovo cominciò a fare ta-pùm, ta-pùm e l’orco ascoltò con aria stupita, mentre i suoi occhi perdevano la consueta ferocia. Interdetto, si grattò il gran testone irsuto e fece una smorfia che sembrava stranamente un sorriso,
Infine guardò i bambini che lo fissavano con gli occhioni pieni di paura e chiese: «Posso fare il girotondo con voi e avere qualche fetta di torta?»
Una bambina prese per mano l’orco e lo fece entrare nel cerchio del girotondo, poi tutti insieme cominciarono a ruotare, danzare e cantare.
E nessuno sentì mai più parlare di un orco cattivo.
Il gioco
il gioco del grazie
Per i più grandi
Super tiro alla fune
Si prendono due robuste corde lunghe una decina di metri e le si lega l’una all’altra nel loro punto centrale. Le si posa a terra, disponendole in modo da formare una X. Lungo ogni braccio della X, a due metri dal punto di incontro delle due corde, si lega per mezzo di un pezzo di spago lungo una quarantina di centimetri un cucchiaio. A sei metri dal punto di incontro, sempre lungo ogni braccio, si posa a terra una pentola. I giocatori vengono divisi in quattro squadre, che afferrano i quattro estremi delle due corde. Al via ogni squadra tira la propria corda verso di sé. Vince la squadra che riesce a far finire per prima il suo cucchiaio in pentola.
La preghiera del giorno
Padre, grazie per ogni casa
che si trova in questa terra.
È riparo per ognuno dei tuoi figli.
Concedi tranquillità e pace ad ogni casa.
Aiutaci a costruire un tetto
per i vagabondi e rifugiati,
per i forestieri, i profughi,
case, quale segno di bontà e di fiducia
che possano indicarti come Padre.