Sofia piovuta dal cielo
Il nocciolo della storia
«Nessun uomo è un’isola», afferma un notissimo aforisma. Il bambino ha bisogno di rompere il guscio dell’egocentrismo iniziale, per accorgersi di quanto sia «collegato» agli altri. Ai suoi genitori, ai fratelli, ai compagni, alle tante persone che ogni giorno effettivamente lo aiutano a vivere. Imparare a dire grazie, significa riconoscere l’importanza degli altri, perché si fa tutti parte di una rete di «doni». Scoprire che tutto è dono aiuta a percepire quel filo invisibile che ci lega a Colui che è l’autore della vita. È questa la via che porta all’adorazione, al rendimento di grazie a Dio, che ci ha fatto il dono più grande: quello dell’esistenza.
Un mattino, Sofia la topolina esce dalla sua tana dicendo alla mamma: «Vado a rosicchiare qualcosa da sola. Sono grande ormai».
«Fai attenzione», le raccomanda la mamma…
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Un mattino, Sofia la topolina esce dalla sua tana dicendo alla mamma: «Vado a rosicchiare qualcosa da sola. Sono grande ormai».
«Fai attenzione», le raccomanda la mamma.
«Ma sì, ma sì!», risponde Sofia.
E se ne va zampettando felice nel grande prato. Ma invece di ripararsi sotto i gustosi tarassachi o i ciuffi di trifoglio, saltella qua e là come un allegro folletto. Non sa che Bila, la giovane poiana, tiene d’occhio dall’alto tutto ciò che si muove nel prato.
Sofia non fa in tempo a gridare. La poiana le piomba addosso. Crac! Un colpo di becco e Bila riparte a grandi colpi d’ala, serrando la povera topolina nei suoi artigli.
Sofia tuttavia è stata fortunata. Bila non ha molta esperienza. Non sa ancora come si uccidono le prede. E Sofia è ancora viva. Vede i campi scorrere sotto dì lei e singhiozza: «Povera me!».
Si accorge però che può muovere un po’ la testa. Divincolandosi un pochino, magari potrebbe… Ma certo! Ha piantato i suoi dentini aguzzi nella zampa dell’uccello. Bila la poiana stride per il dolore e allarga gli artigli. Sofia comincia a cadere volteggiando e sgambettando, e cade, cade come una pietra…
Sofia si aggrappa al ramo di un albero, poi ad un altro, un altro ancora. Atterra finalmente e sviene. Quando si risveglia, tenta di muoversi, ma la zampetta le fa male. Il colpo di becco di Bila le ha ferito il dorso che sanguina.
Sofia grida: «Aiuto! Aiuto!».
Un coniglio mette fuori il muso dalla tana:
«Che succede?»
Sofia racconta:
«Sono caduta dal cielo, una poiana mi aveva catturato; e mi sono fatta male a… ».
Il coniglio ascolta e poi dice:
«Oh! là! là! Devo turare un buco nel tetto della mia tana e sono molto occupato. Vai dal tasso, sotto il salice. Lui saprà curarti».
E il coniglio torna nella sua tana.
Allora Sofia riparte zoppicando lungo il ruscello. Cammina e cammina, finché arriva alla porta del tasso.
Il tasso apre, dicendo: «Che succede?».
Sofia risponde: «Mi sono ferita la zampa…».
Il tasso dice: «Vedo, vedo. Entra!».
Il tasso esamina le ferite di Sofia brontolando: «Che razza di mondo… Sembra che tutti ci prendano gusto a cadere».
Sofia tenta di spiegare: «È tutta colpa della poiana…». Ma il tasso non ascolta.
Quando ha finito la medicazione, dice solamente: «Sei giovane. Riposati. Fra qualche giorno, sarai guarita».
Sofia ringrazia e se ne va.
La topolina è di nuovo fuori, con la zampetta fasciata. Sta per cadere la notte. È sola ed ha freddo. Si è persa, non ha un rifugio e niente da mangiare.
Un riccio che fa jogging si ferma e le chiede:
«Perché piangi, piccolina?».
«Io., ho male alla zampa…».
«Vai dal tasso e lui…».
«Ci sono già stata. Ma mi fa ancora male».
Il riccio dice: «È normale, è capitato anche a me. Poi, dopo un po’ di tempo, mi è passato tutto».
Sofia si lamenta, tra i lacrimoni: «Ma io non so dove andare a dormire!».
Il riccio risponde: «Ti porterei a casa mia, ma in famiglia siamo terribilmente pungenti! Vai dalla grande quercia. Accoglie tutti volentieri».
È già quasi buio, quando Sofia arriva alla grande quercia. È così imponente che Sofia non sa come parlarle.
«Signora quercia», dice timidamente, «sono Sofia, la topolina. Ho avuto qualche problema. Il riccio mi ha detto…».
Allora Sofia sente come un bisbigliare tra le foglie: «Per i piani alti sono al completo: ho dodici scoiattoli nei buchi, due nidi di gazze sui rami più alti, una serie di alloggi per civette più in basso. Ma aspetta… Sistemati fra le radici, contro il muschio del tronco. Dormi lì. Ti donerò un po’ della mia forza e domani, vedrai, tutto andrà meglio». Il giorno dopo, Sofia si sente meglio. Ringrazia la quercia e riprende il cammino. Ma sente tanta di quella fame!
Dietro una siepe, scorge un topo campagnolo con un sacco a spalle.
Sofia dice: «Scusi, non avrebbe per caso qualcosa da mangiare? È tanto tempo che non mangio!».
Il topo campagnolo risponde: «Mi dispiace, ho tanti bambini che aspettano. Non posso darti proprio niente in questo momento». E se ne va con l’aria preoccupata. Ma il sacco che porta a spalle ha un buchino sul fondo. E Sofia si accorge che ogni tanto cade dal sacco un granello di frumento. Comincia a sgranocchiarne qualcuno. Il topo campagnolo si volta indietro e la vede, ma dice: «Seguimi e prendi pure il frumento che cade. Non sapevo di poter donare un po’ di quello che avevo».
Sofia rosicchia il frumento. Non le era mai sembrato così delizioso. Avanzando d’un granello all’altro, finisce però contro un grasso passero che sia anche lui becchettando i granelli di frumento che perde il topo campagnolo. Sofia domanda: «Li ha mangiati tutti?». Il passero ha il becco pieno di grano e non riesce a parlare molto bene. Risponde: «Scierto, non trovi che sciono delisciosci?».
Sofia dice: «Pazienza! Ma può, per piacere, indicarmi la strada che porta al prato del ruscello verde?».
«Ma è qui viscino! Segui la pista delle formiche rosse nel trifoglio e sciei arrivata!».
Sofia segue la pista delle formiche rosse nel trifoglio e arriva davanti alla porta della sua tana. Grida: «Sono qui, eccomi qua! Una poiana mi aveva presa! Ma non mi ha uccisa! Sono caduta dal cielo! Sono qui, sono io!». Che festa per il ritorno di Sofia! Sofia mangia di buon appetito. Alla sera, prima di addormentarsi nel suo lettino, Sofia si mette a pensare al coniglio che le ha indicato la tana del tasso, al tasso che l’ha curata, al riccio che l’ha mandata dalla quercia, alla quercia che le ha dato un po’ della sua forza, al topo campagnolo che le ha donato il grano perduto, al passero che le ha indicato la strada di casa. E piano, piano, nel buio, dice a tutti loro: «Grazie!».
Il gioco
il gioco del grazie
Per i più grandi
Il modo migliore di completare la storia è fare il gioco del grazie. Prendendo in riferimento le 6 lettere che compongono la parola GRAZIE, ognuno prova a scrivere su 6 foglietti colorati differenti un ringraziamento (sincero!) per un dono ricevuto che inizi con la lettera G, con la lettera R, con la lettera A e così via per ciascuna lettera che compone la parola “grazie”.
Molto interessante è anche il gioco del maglione. I ragazzi devono scoprire quante persone al mondo hanno lavorato per fabbricare la loro maglietta (o un altro oggetto che portano di solito). Il risultato della ricerca deve essere scritto (o rappresentato con fotografie) su un grande cartellone. Per esempio: io sono andato a comprarlo in negozio, la commessa l’ha venduto, il camionista l’ha trasportato, l’operaio l’ha confezionato, il tessitore ha fabbricato il filo, il tintore lo ha colorato, il pastore ha tosato la pecora, ecc.
Per i più piccoli
Divertiti a colorare Noè e la sua arca.
La preghiera del giorno
Sono felice!
Vedo la rugiada scendere sulla terra,
portare la vita:
così è la Parola di Dio.
Il ghiaccio si scioglie in acqua;
il sole scalda la terra
grazie alla sua Parola.
La Parola riscalda e unisce;
così insegna il Signore
che mi stringe
e dona pace al mio cuore.
Ho trovato parole
di verità e di vita.
Fa’ che io sappia sempre ascoltare la tua Parola, Signore.