Trenta monete
Il nocciolo della storia
La storia racconta il tradimento di Giuda visto dalla parte delle monete che sono state il prezzo di Gesù. Il prezzo di uno schiavo. Sono le prime a capire l’assurdità del gesto di Giuda e in fondo dell’umanità, e si ribellano.
Erano una manciata di monete e per il momento alloggiavano nello scrigno di legno intarsiato del Sinedrio di Gerusalemme. Passando di mano in mano, le monete erano giunte fin sulla maestosa soglia del Tempio di Gerusalemme, dove un sacerdote aveva l’incarico di custodirli…
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Erano una manciata di monete e per il momento alloggiavano nello scrigno di legno intarsiato del Sinedrio di Gerusalemme. Passando di mano in mano, le monete erano giunte fin sulla maestosa soglia del Tempio di Gerusalemme, dove un sacerdote aveva l’incarico di custodirli.
Erano sicli d’argento, monete abbastanza comuni, come ce n’erano tante.
Erano state afferrate, strette, contate da tante mani, le loro facce erano consunte e i bordi usurati. Ne avevano passate di avventure!
Avevano conosciuto quasi ogni tipo d’essere umano: onesti e disonesti, poveri e ricchi, saggi e stolti. Il mondo ormai non li stupiva più.
Sapevano riconoscere le emozioni di chi li possedeva dal tocco della sua mano, metallici spettatori di una recita che non apparteneva loro ma di cui intuivano di far parte.
Anche se intimoriti da quel luogo, così silenzioso e insolito per loro, le monete pensarono che un po’ di pace non guasta mai e oziarono tranquilli. Quella sosta sembrava una vacanza.
Per riconoscersi, dal momento che erano tutte uguali, si diedero un numero. Quello dei numeri era il campo in cui eccellevano. Avevano passato tutta la loro vita con mercanti e contabili. Scoprirono così di essere in trenta: una bella sommetta, dopotutto. Tanto per passare il tempo, cominciarono a raccontarsi le loro vicende.
«Sono stata due volte ad Atene. Gran bel posto!» raccontava Uno. «Ho attraversato un deserto nelle tasche di un mercante persiano e poi di un calzolaio di Palmira che mi ha usato per un debito con un banchiere di Gerusalemme. Ed eccomi qui».
Due, Tre e Cinque erano insieme da molto tempo. Prima in un filatoio fra lane e tinture, poi nelle mani di un mercante che viaggiava per tutta la Palestina con i suoi tessuti, dopo ancora scambiati addirittura con un vecchio tappeto trovato in casa di un pastore, che se li era goduti ben poco perché dei ladri glieli avevano rubati qualche giorno dopo.
«Non mi parlare di ladri!» li interruppe Quindici. «Per più di dieci anni, sono stata di un mariolo matricolato che mi usava per fare un giochetto durante i mercati e le fiere. Mi nascondeva sotto una campanella e faceva indovinare ai gonzi dove stavo. Non indovinavano mai naturalmente e perdevano dei bei soldi. E alla sera io avevo un mal di testa terribile…»
«Io invece ho patito il mal di mare tante di quelle volte…» disse Quattro. «Pensate che ero finito nella borsa di un comandante di nave mercantile romana. Non ne potevo più di tutta quell’acqua salata…»
Dodici parlò con foga: «Acqua? Sapete che cosa è capitato a me? Avevo pagato una partita di pesce e quindi ero nelle mani di un pescatore insieme ad altre monete. Un’ondata fece rollare violentemente la barca e io finii in acqua. Pensavo di finire i miei giorni sul fondo del lago, quando un pesce mi inghiottì. Proprio così! Gnam! E finii nel suo stomaco… È incredibile quello che successe poi…»
Le monete ascoltavano incantate.
«Un uomo prese il pesce. A colpo sicuro e lo aprì come sapesse che cosa cercare ed estrasse proprio me, la moneta. Poi la mostrò ad un altro uomo che disse semplicemente: “Paga la tassa per me e per te”. Era un uomo davvero singolare. Aveva qualcosa nella voce e negli occhi. Mi piacerebbe rivederlo».
«Forse l’ho incontrato anch’io…» disse timidamente Venti.
«Un uomo diverso da tutti. E nessuno conosce gli uomini come noi monete» continuò Venti. «Era… tutto buono, ecco. Stavo nel forziere di un esattore delle tasse, un certo Zaccheo, un ometto grasso e avido come pochi. Mi aveva estorto con le minacce ad un povero vasaio. Ebbene, un giorno, questo Zaccheo incontra quell’uomo speciale e lo accoglie in casa. Da quel momento Zacheo cambia completamente. Corre a restituirmi al vasaio e con l’aggiunta di altre due monete!»
Saltò su Diciotto: «Anch’io l’ho incontrato! Ero sul banco di un esattore delle tasse di nome Matteo. Un tipo che ci sapeva fare, altroché! Passò questo dagli occhi penetranti e disse soltanto: «Vieni con me!» e Matteo si alzò e lo seguì senza preoccuparsi di noi».
«Mi ricordo di lui» disse Ventiquattro. «Appartenevo ad un fariseo, un uomo molto pio e austero, ma superbo e arrogante. Mi portò nel Tempio e, nel momento in cui c’era più gente, mi gettò come offerta nel grande vaso di bronzo. Sapevo quello che voleva e tintinnai più forte che potei. Modestamente feci un concerto, un baccano favoloso! C’era quell’uomo con i suoi amici. Notò una cosa che nessuno aveva visto. Una povera vedova che aveva fatto scivolare due monetine di rame. Non me n’ero accorto neanch’io… Con la sua voce piena di calore disse: “Vi assicuro che questa vedova, povera com’è, ha offerto più di tutti gli altri. Quelli infatti hanno offerto un po’ del loro superfluo; mentre questa donna, povera com’è, ha dato tutto ciò che le rimaneva per vivere”. Disse proprio così!»
Sette e Otto sospirarono: «Chissà che non lo incontriamo di nuovo…»
Non dovettero aspettare molto. Qualche sera dopo, il piccolo scrigno nel quale erano custodite si riaprì e di loro fu fatta una manciata da consegnare a un uomo chiamato Giuda.
Curiosi com’erano, vollero subito sapere che cosa quell’uomo aveva dato in cambio del loro valore e, ormai più furbi del più furbo dei mercanti, tesero occhi e orecchie intuendo, dal bisbigliare delle voci nell’ora già tarda, che la merce doveva essere “interessante”.
Udirono così di essere stati barattati con la vita di un uomo. Erano stati scambiati con ogni sorta di merce e di servizi, ma nel loro piccolo cuore d’argento sentirono una tristezza profonda. In fondo, sapevano bene che trenta sicli d’argento era il prezzo di uno schiavo.
L’uomo che li aveva appena ricevuti si stava intanto dirigendo con passo veloce verso la periferia della città. Non li aveva riposti nella tasca ma li teneva stretti in una mano. Ne percepivano l’acre odore di sudore e il fremito dell’ansia che percorreva le lunghe e forti dita.
A poca distanza da loro altri passi stavano avvicinandosi, accompagnati da un rumore metallico di armi che urtano fra loro intonando il lugubre canto della morte.
A un tratto tutto intorno si fece più calmo, mentre la brezza notturna accarezzava con grazia lieve un giardino di ulivi secolari. E proprio lì, di fronte a loro, lo videro. Era proprio l’uomo diverso da tutti, l’uomo che cambiava i cuori e vedeva l’invisibile!
Anche lui li sfiorò con gli occhi tristi e loro erano il prezzo del tradimento.
Per la prima volta le monete provarono una collera terribile. «Questo no! Mai e poi mai!» gridarono all’unisono. La rabbia intollerabile divenne come fuoco e sembrarono tornare metallo incandescente. Giuda che le stringeva ancora nel pugno percepì quello strano bruciore che si faceva sempre più doloroso e capì, come si svegliasse da un sogno, la malvagità del suo gesto. Tentò di restituire le monete ai capi dei sacerdoti e alle autorità del popolo. Gridò disperato: «Ho fatto male, ho tradito un innocente».
Ma quelli risposero: «A noi che importa? Sono affari tuoi!»
Giuda buttò le monete nel tempio. Aveva sperato di fermare tutto. Ma era troppo tardi.
Le monete si sparpagliarono sulle lastre di pietra del pavimento, piangendo lacrime d’argento.
Il gioco
il gioco del grazie
Per i più grandi
Il quadrivio
Quattro squadre di cinque-sei giocatori ciascuna. Un conduttore.
Ognuna delle quattro squadre si schiera lungo uno dei quattro bordi di un campo quadrato.
Al «Via!» le squadre devono attraversare contemporaneamente il campo, per raggiungere il lato opposto rispetto a quello da cui sono partite. Nel fare questo, i giocatori devono fare attenzione a non urtare né i propri compagni di squadra né gli avversari. Se due giocatori si urtano, anche solo leggermente, devono fermarsi all’istante e non possono proseguire la loro corsa. La squadra con il maggior numero di giocatori arrivati regolarmente a destinazione guadagna un punto. In caso di parità tra due o più squadre, il punto va a quella il cui ultimo giocatore non costretto a fermarsi è arrivato a destinazione per primo. Una volta assegnati i punti, i giocatori fermi in mezzo al campo raggiungono i loro compagni di squadra e il gioco prosegue con le stesse regole di prima.
Vince la squadra con il punteggio più alto dopo una ventina di traversate del campo.
La preghiera del giorno
La Bibbia racconta la storia di molti soldati
che per proteggersi in battaglia
indossavano armatura e scudo.
In quale altro modo avrebbero potuto difendersi
dai colpi dei nemici?
Anche se non sono un soldato,
anch’io devo essere protetto:
può accadermi qualcosa di brutto.
Dio mi protegge, ne sono sicuro.
Dio è mia forza e mio scudo.
Dio mi protegge con il suo amore,
con la sua forza mi difende.