• Un mese con Maria

    martedì 19 maggio 2020

Raccontami una storia

Secoli e secoli fa, viveva un povero giocoliere di nome Barnaba, che andava di villaggio in villaggio divertendo la gente con la danza e con esercizi di abilità e di equilibrio.
Nei giorni di fiera stendeva sulla pubblica piazza un vecchio tappeto tutto consumato, e dopo aver attirato i bambini e gli oziosi con delle chiacchiere divertenti, si metteva a fare gesti buffi e contorsioni con un piatto di stagno in equilibrio sul naso.
La folla lo guardava dapprima con indifferenza. Ma quando, tenendosi sulle mani con la testa all’ingiù, gettava in aria e riprendeva coi piedi sei palle di bronzo che brillavano al sole, o quando, rovesciandosi fino a toccare con la nuca i talloni, dava al suo corpo la forma di una ruota perfetta e giocava in tale posizione con dodici coltelli, un mormorio di ammirazione si levava dagli astanti e le monete piovevano sul tappeto. Ma un giorno Barnaba si stancò di girare il mondo. Non che non gli piacesse più ballare e fare giochi. Era il fracasso delle taverne e osterie che non sopportava più. Sentiva invece, dentro di sé, un gran bisogno di pace e di silenzio.
Una sera, dopo una giornata di pioggia, Barnaba se ne andava triste e curvo, portando sotto il braccio le sue bocce e i suoi coltelli nel vecchio tappeto. Cercava qualche fienile dove passare la notte, quando vide sulla strada un frate che faceva il suo stesso cammino e lo salutò cortesemente. Siccome andavano al medesimo passo, cominciarono a conversare. Senza neppure accorgersene arrivarono a un tranquillo monastero che sonnecchiava placido in una verde vallata.
«Ecco dove vorrei fermarmi», pensò immediatamente Barnaba.
Il frate, che lo aveva ascoltato con grande attenzione, gli lesse nel pensiero e, sorridendo, gli disse: «Fermati con noi, fratello Barnaba. Forse è stato il Signore a mettermi sulla tua strada. Le nostre regole sono semplici. Qui il pane e la pace sono assicurati». A Barnaba piacque subito il monastero. I religiosi che vi vivevano facevano a gara a chi meglio onorava la Madonna, e ciascuno impiegava a servirla tutto il sapere e tutta l’abilità che Dio gli aveva dati.
L’abate componeva libri che trattavano, con profondi pensieri, le virtù della Madre di Dio. Fra Serafino copiava con mano esperta questi scritti su dei fogli di pergamena. Fra Guerrino vi dipingeva delle fini miniature. Vi si vedeva la Regina del cielo, seduta sul trono di Salomone, ai cui piedi vegliavano quattro leoni; attorno alla sua testa aureolata volteggiavano sette colombe che sono i sette doni dello Spirito Santo. Frate Gualtiero era anche lui uno dei più teneri figli di Maria. Intagliava senza tregua delle immagini di pietra tanto che aveva la barba, le sopracciglia e i capelli bianchi di polvere, e i suoi occhi erano sempre arrossati, ma era pieno di forza e di gioia. Gualtiero rappresentava talvolta la Madonna come una Regina, altre volte le dava i lineamenti di una fanciulla piena di grazia. C’erano anche nel convento dei poeti che componevano, in latino, delle prose e degli inni in onore della beata Vergine Maria.
Il povero giocoliere si sentiva imbarazzato dalla propria ignoranza e semplicità.
«Ahimè», sospirava passeggiando solo nel chiostro del convento, «sono proprio infelice a non poter, come i miei confratelli, lodare degnamente la Madre di Dio. Io sono un uomo rude e senza arte e non so fare discorsi poetici, né libri intelligenti, né fini pitture, né statue artisticamente intagliate. Non ho niente, ahimè!».
Spesso il giocoliere vagava triste nei corridoi. «Sono proprio un buono a nulla», pensava. Un giorno Barnaba scoprì, nei misteriosi sotterranei del monastero, una cappella abbandonata. Sul piedistallo di marmo vi era una statua della Madonna che teneva Gesù Bambino fra le braccia. Proprio in quel momento, nella chiesa grande, sopra la cappella, i monaci iniziarono il canto dei vespri. Barnaba rivolse gli occhi alla statua della Madonna.
«O Vergine Maria!», implorò. «Su, in chiesa, pregano devoti e saggi confratelli. Io, invece, non so fare nulla. Non so proprio come servire il Signore!».
All’improvviso il giocoliere udì una voce. Era la Madonna.
«Servilo con ciò che tu sai fare», gli suggerì. «Con ciò che… so fare io?», fece Barnaba sorpreso. «Danzando e saltando?».
«Sì, danzando e saltando», confermò la Madonna.
«Guardami, allora», disse il giocoliere felice. «Pregherò con le mani e con i piedi». Ed eseguì in su e in giù lungo la cappella le sue danze preferite, arditi salti mortali e altri giochi di abilità. Quando il silenzio, su in chiesa, indicò che il canto di Vespri era finito, Barnaba disse: «Vergine Maria, ora debbo andare a curare i fiori e le verdure dell’orto. Ma tornerò presto», promise lasciando la cappella.
Uno dei monaci, sorpreso di non vedere più Barnaba alle funzioni, lo seguì e scoprì che si recava tutto solo nella cappella abbandonata. E quanto vide lo lasciò allibito.
«Mentre noi preghiamo e facciamo penitenza, Barnaba spreca il tempo a divertirsi. Sarà certamente cacciato dal monastero!», pensò il monaco e corse a riferire tutto all’abate.
«Voglio vedere con i miei occhi!», disse l’abate quando l’ebbe ascoltato. «Domani scenderemo nella cappella».
L’indomani, nascosti dietro una colonna, l’abate e il monaco osservarono il giocoliere. Davanti alla statua della Vergine, Barnaba, con la testa in giù e i piedi in aria, giocava con sei bocce di bronzo e dodici coltelli. Eseguiva i suoi giochi più belli in onore della Madre di Dio. Alla fine cadde a terra stremato.
L’abate stava per rimproverarlo quando, inaspettatamente, la Madonna allungò il suo velo azzurro verso Barnaba, gli asciugò il sudore della fronte e
10 benedisse. L’abate e il monaco erano sconvolti. I loro cuori battevano forte. E, per non disturbare, si allontanarono in punta di piedi e andarono a pregare.
Quella sera stessa l’abate fece chiamare Barnaba.
«Mi caccerà dal monastero perché manco ai Vespri», pensò il giocoliere sconsolato.
Ma l’abate lo accolse con gentilezza. «So che non sai leggere e scrivere, e che quindi non puoi servire
Il Signore come noi», gli disse. «Da quando, Barnaba, vai nella cappella?». Barnaba cadde in ginocchio ai piedi dell’abate e scoppiò in pianto. «Non mandarmi via!», lo supplicò; e confessò ciò che aveva fatto davanti alla Madonna.
L’abate fece alzare il giocoliere e lo abbracciò. «Ho visto ogni cosa, figliolo», gli disse commosso. «In futuro potrai servire il Signore come vorrai, con la danza e con i tuoi giochi».
Da allora Barnaba non si preoccupò più e i confratelli capirono che si poteva onorare Dio anche lavorando e pregando con gioia. E, per la prima volta nella storia, fu consentito ai bambini di entrare nel Monastero per divertirsi agli spettacoli di bravura di Barnaba, il giocoliere della Madonna.

Il pensiero di mamma e papà

Barnaba, come molti cristiani, ha un ‘idea sbagliata del servizio che si deve al Signore. Pensa che si possa servire Dio solo con attività nobili e «sacre». La Madonna lo richiama con semplicità a ritrovare invece la sorgente profonda del culto gradito a Dio: ciò che si è, la bontà, la verità, la generosità. Davanti a Dìo non ci sono persone di serie A e persone di serie B. «Servilo con ciò che sai fare», dice Maria al Giocoliere. Tutti possiamo essere un dono gratuito a Dio se lo vogliamo. Maria invita ogni cristiano a vivere le parole del suo cantico: «L’anima mia magnifica il Signore, poiché ha guardato l’umiltà della sua serva. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente».

Paciocchiamo

Dai giochiamo!

  • Organizza il gioco dei mimi con i tuoi familiari.

  • Ciascun partecipante cerca di far indovinare uno dei suoi talenti.

Per essere più buoni

“Vivere una giornata in allegria, cercando di portare un po’ di gioia a qualche ammalato o anziano”

Preghiamo insieme

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome.