DONPAOLOALBERA
le petit don Bosco
Le storie di solito cominciano con «C’era una Volta…». II titolo di questo piccolo libro invece è la storia infinita. Come dire. «C’e, oggi… Don Bosco». La sua storia continua. I suoi figli la continuano, ogni giorno.
La bellezza dell’uomo buono. L’abbiamo dimenticata e anche il profumo che l’accompagna. I santi sono così. Per questo sono affascinanti. La gente percepisce istintivamente il loro splendore. E dopo secoli ancora si sente il loro profumo.
Un bambino osservava incantato le splendide vetrate di una cattedrale illuminate dal sole.
«Adesso ho capito chi è un santo» disse all’improvviso.
«Si? Davvero?» fece la catechista.
«É un uomo che lascia passare la luce».
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Quando l’urna di Don Bosco ha pellegrinato per quasi tutti i paesi del mondo, milioni di persone si sono mosse, anche di notte, solo per “vedere” Don Bosco. Che cosa li attirava? La stessa cosa che attirava i ragazzi, i giovani, la gente semplice della Torino dell’Ottocento. Un raggio di quella luce che viene dall’alto e che Don Bosco lasciava passare.
I ragazzi stavano bene accanto a Don Bosco. Si sentivano al sicuro, nel calore e nella luce di una paternità e di un’umanità ricca e forte. «Mi voleva bene» ricordavano tutti i ragazzi. Nella sua paternità scoprivano quella di Dio.
Lui aveva promesso: «La mia vita la spenderò tutta per voi». Mantenne la promessa.
Leggete la sua storia. É un uomo che ha sfibrato il suo povero corpo; che dedicò ogni attimo del suo tempo alla felicità dei piccoli e dei poveri, senza fermarsi davanti a niente; che per riprendere le forze sonnecchiava dove poteva, anche in una bottega della strada; che confessava in chiesa e all’aperto; che correva e pregava con i ragazzi in un prato, dopo che tutti i padroni di case l’avevano cacciato.
E quando ebbe una baracca stile Betlemme tutta sua, in mezzo al nulla, parlava di un oratorio vasto e spazioso, di chiese, case, scuole, laboratori, ragazzi a migliaia, ambienti a loro disposizione. «Dove sono queste cose?» gli chiedevano perplessi. «Non lo so, ma esistono, perché io le vedo» rispondeva.
Le vedeva in sogno, quei sogni speciali nei quali la Madonna lo prendeva per mano e lo guidava. E lui si fidò sempre, senza scoraggiarsi, spezzando la sua vita come pane per tutti, strumento nelle mani del Padre del Cielo. Anche se realizzare i sogni che Dio gli mandava gli costò sempre sangue e lacrime.
Umile, cioè umano, forte e robusto, tutto realizzò. Prete di periferia fino in fondo. Nel suo nome sono sorte opere votate al bene dei giovani in tutto mondi, scuole, gli oratori, parrocchie dove continua a battere il suo cuore. Un cuore che è diventato un modo di educare. Guy Avanzini, eminente professore di Università, continua a ripetere: «La pedagogia del Ventunesimo secolo sarà salesiana, o non sarà».
Per questo, umilmente e gioiosamente, crediamo che Don Bosco è uno dei più preziosi doni che Dio ha fatto all’umanità.
Nell’incipit della sua Lettera da Roma, del 10 maggio 1884, Don Bosco scrive ai suoi giovani: «Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità». Al termine della sua vita terrena, queste parole condensano il cuore del suo messaggio ai giovani di ogni epoca e di tutto il mondo. Essere felici, come meta sognata da ogni giovane, oggi, domani, nel tempo. Ma non solo. Nell’eternità e quel di più che solo Gesù e la sua proposta di felicita, la santità appunto, sa offrire. É la risposta alla sete profonda di “per sempre” che brucia in ogni giovane.
II mondo, le società di tutte le nazioni, neanche possono proporre il “per sempre” e la felicità eterna. Dio si. Per Don Bosco tutto ciò era chiarissimo. Le sue ultime parole ai giovani furono: «Dite ai miei ragazzi che Ii aspetto tutti in Paradiso».
Don Paolo Albera è stato uno dei “Salesiani della prima ora”, coloro i quali hanno potuto vedere don Bosco in azione. Ha respirato l’aria di Valdocco e, con don Rua e altri Salesiani, l’ha “esportata” a Mirabello.
Ha poi testimoniato l’espansione dell’opera salesiana anche fuori dal Piemonte, prima in Liguria e poi in Francia. Ha infine ricoperto l’incarico di Direttore Spirituale della Congregazione e, in ultimo, quello di Rettor Maggiore dei Salesiani, come secondo successore di don Bosco.
Don Paolo Albera è stato un testimone oculare del passaggio tra XIX e XX secolo, in un momento delicato per la sua congregazione, la Chiesa e il mondo intero che culminerà con uno degli spartiacque più drammatici della storia contemporanea, cioè la Grande Guerra.
Ripercorriamo il cammino di vita di questo umile Salesiano con i suoi occhi. Avviciniamo il mondo del “petit don Bosco”, uno di quei silenziosi pionieri che tanto hanno fatto e pensato per consegnarci la Congregazione salesiana così come la conosciamo oggi.
Don Paolo Albera è stato un testimone oculare del passaggio tra XIX e XX secolo, in un momento delicato per la sua congregazione, la Chiesa e il mondo intero che culminerà con uno degli spartiacque più drammatici della storia contemporanea, cioè la Grande Guerra.
Ripercorriamo il cammino di vita di questo umile Salesiano con i suoi occhi. Avviciniamo il mondo del “petit don Bosco”, uno di quei silenziosi pionieri che tanto hanno fatto e pensato per consegnarci la Congregazione salesiana così come la conosciamo oggi.
Settembre 1863
Con don Rua e altri Salesiani fonda il primo piccolo seminario di Mirabello dove ricopre il ruolo di assistente e insegnante mentre porta avanti gli studi filosofici e teologici.
Settembre 1865
All’Università di Torino consegue l’abilitazione all’insegnamento ginnasiale.
2 agosto 1868
Viene ordinato sacerdote a Casale per mano di Mons. Pietro Maria Ferré.
Ricordo di don Bosco:
“Quando avrai la felicità di poter dire la prima Messa, chiedi a Dio la grazia di non scoraggiarti mai”.
9 giugno 1868: inaugurazione della Basilica di Maria Ausiliatrice.
Paolo Albera scriverà:
“Ricordo come fosse ora il momento solenne in cui D. Bosco, tutto raggiante di gioia, e insieme con gli occhi velati dal pianto per la profonda commozione, saliva per il primo all’altar maggiore a celebrare, sotto i pietosi sguardi della sua grande Ausiliatrice, il santo sacrificio della messa…”
L’anno della consacrazione del Santuario di Maria Ausiliatrice ritornai a Torino, e per altri quattro anni potei godere l’intimità di don Bosco e attingere dal suo gran cuore quei preziosi ammaestramenti che erano tanto più efficaci su di noi, quanto meglio li vedevamo già messi in pratica da lui nella sua condotta giornaliera
(Lettere circolari di D. Albera, 18 ott. 1920, p. 331)
Nel febbraio del 1871 don Bosco si trovava a Genova. Due genovesi, soci della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli di Borgo Incrociati, Domenico Prefumo e Giuseppe Varetti, andarono dal Santo e gli chiesero di aprire una casa anche a Genova. don Bosco non disse di no, ma osservò che ci volevano dei mezzi, ed essi promisero di fare quanto potevano. La cosa restò lì come sospesa. Era però nel destino della Provvidenza che quest’opera sorgesse e presto. Quando la Conferenza di S.Vincenzo riuscì ad ottenere in affitto per 500 lire dal barone Cataldi una villa a Marassi (villa Oneto) sul declivio orientale della Val Bisagno, don Bosco accettò. Il 26 ottobre mandò don Albera con due giovani salesiani, tre capi laboratorio ed un cuoco. don Albera accettò con animo sereno la direziono della casa. Al momento di partire, don Bosco gli raccomandò di non darsi pensiero di niente e di riporre tutta la fiducia nel Signore. Gli chiese poi se avesse bisogno di qualche cosa.
«No, signor don Bosco – rispose – La ringrazio, ho con me 500 lire».
E don Bosco: «Non è necessario tanto denaro. Non ci sarà la Provvidenza a Genova? Va tranquillo, la Provvidenza penserà anche a te».
Ritirò le 500 lire e gli lasciò una somma molto inferiore. E la Provvidenza non mancò. Così inizia la storia di don Bosco e della sua opera nel capoluogo ligure.
I vicini della Villa Oneto di Marassi chiamarono i salesiani «quelli dei discoli», un nomignolo che non era indicato… Con meraviglia si accorsero della familiarità che esisteva fra Salesiani ed alunni: conversavano, giocavano insieme e alla sera, nel cortile, cantavano… Era la pratica del sistema preventivo che trova il suo fondamento nell’accoglienza, nel clima di famiglia e nella pratica gioiosa della religione.
26 ottobre 1871: fonda l’orfanotrofio di Genova-Marassi con laboratori di sarti, calzolai e falegnami.
Novembre 1872: trasferisce l’opera a Sampierdarena.
1873-1875: ampliamento degli edifici con nuovi laboratori (legatori di libri, fabbri-meccanici, tipografi e compositori).
Luglio 1875: don Bosco gli affida l’opera dei Figli di Maria Ausiliatrice per le vocazioni adulte.
14 novembre 1875: accompagna don Bosco sulla nave per il saluto ai primi missionari salesiani diretti in America.
10 agosto 1878: nella tipografia viene stampato il primo numero del Bollettino Salesiano che si stamperà a Sampierdarena fino al 1882.
Ottobre 1881: Don Bosco lo manda a Marsiglia come primo Ispettore delle case salesiane di Francia. Trova una situazione difficile (legge di espulsione dei religiosi), ma non si scoraggia. I Salesiani si dichiarano semplice “società di beneficenza”.
Nel 1881 le case salesiane in Francia sono 4: Nizza Marittima (Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice), Marsiglia (SDB e FMA), Saint Cyr (SDB e FMA) e La Navarre.
In dieci anni fonda 10 case: Sainte Marguerite (1883), Parigi-Menilmontant (1883), Lille (1884), Grevigney (1888), Le Rossignol (1889), Dinan (1890), Liegi (1891), Orano in Algeria (1891), Ruitz (1891), Saint Pierre de Canon (1891).
1883-1887: Accompagna don Bosco nei suoi viaggi annuali in Francia, testimone di innumerevoli guarigioni. La stima di don Bosco nei suoi confronti si esprime in questa breve affermazione:
La signora Eudossia Olive, benefattrice dell’opera salesiana, incontrò don Bosco a Marsiglia e gli chiese consiglio sulla scelta di un direttore spirituale. Il santo si raccolse un istante, poi le rispose: “Prendete per direttore don Albera: è un uomo che nella direzione delle anime fa miracoli!” (D. Garnieri, Don Paolo Albera, secondo successore di don Bosco. Memorie Biografiche, Torino, Società Editrice Internazionale, 1939. p. 79).
1888-1891: consolida la rete dei Cooperatori salesiani francesi e belgi, conquistando la simpatia generale: viene chiamato le petit don Bosco.
Dalla testimonianza di un ragazzino su don Albera:
“Fui grandemente edificato del contegno modesto ed umile del nostro superiore, del suo costante sorriso che incoraggiava, e delle sue maniere dolci, amabili che attiravano. Non vi era ricreazione in cui non comparisse fra noi; ma anche negli altri luoghi veniva a visitarci, specialmente in refettorio e in cappella. Parlava poco, ma la sua presenza bastava a renderci rispettosi…”.
(Domenico GARNERI, don Paolo Albera secondo successore di don Bosco. Memorie biografiche, Torino, Società Editrice Internazionale 1939, p. 80)
Dalle REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI SALES, secondo il decreto di approvazione del 3 aprile 1874, Cap. IX, Degli altri Superiori:
… il direttore spirituale avrà specialmente cura dei novizi. Egli insieme col maestro dei novizi si darà la massima sollecitudine per far loro conoscere e praticare lo spirito di carità, e lo zelo che deve animare colui, che desidera dedicare interamente la sua vita al bene delle anime.
È pure dovere del direttore spirituale ammonire riverentemente il Rettore, qualora scorgesse in lui qualche notabile negligenza nel praticare e far osservare le regole della Congregazione…
29 agosto 1891: viene nominato Direttore Spirituale Generale della Congregazione salesiana, in sostituzione del defunto don Bonetti.
Settembre 1892: si trasferisce a Torino. Negli anni successivi cura particolarmente la formazione dei giovani confratelli con conferenze, esercizi spirituali e colloqui personali.
12 ottobre 1893: con mons. Cagliero, Rua, Barberis parte per Londra per assistere alla consacrazione della chiesa del Sacro Cuore. A Londra, forse per qualche incidente per l’interruzione della ferrovia, registra nel diario: “Necessità di apprendere l’inglese…”
Febbraio-Marzo 1895: accompagna don Rua pellegrino in Terra Santa.
23-25 Aprile 1895: prende parte al Congresso dei Cooperatori a Bologna.
“Il 1895 si getta nell’eternità. Per me è stato ricco di gioie e di dolori. Ho potuto rivedere la casa di Marsiglia, dove ho lasciato in gran parte il mio cuore. Di là sono andato in Terra Santa e sono stato edificato dalla compagnia di don Rua. Quale pietà, spirito di sacrificio e di mortificazione! Quale zelo per la salute delle anime; e soprattutto quale uguaglianza di umore! Ho visto Betlemme, Gerusalemme, Nazaret: quali dolci ricordi! Ho potuto prendere parte al Congresso di Bologna. Ne conservo un ricordo indimenticabile… Ho potuto predicare esercizi in Francia e in Italia, occuparmi degli ordinandi e sono stato ben più soddisfatto degli anni precedenti. Ho scritto qualche pagina su Mons. Lasagna e si è avuto la bontà di apprezzarle. Ma anche l’anno 1895 finì senza che mi sia corretto dei miei difetti più gravi. Il mio orgoglio è tuttora al più alto grado. Il mio carattere è tuttora difficile anche con lo stesso don Rua. La mia pietà è sempre superficiale e non esercita una grande influenza sulla condotta, sulle mie azioni che sono tutte ancora umane e indegne di un religioso. La mia carità è capricciosa e piena di parzialità. Non sono mortificato negli occhi, nel gusto, nelle parole… Le malattie sono assai aumentate: potrei morire da un momento all’altro nello stato in cui sono: non è un’idea, è la realtà, e ne sono consapevole. Voglio mettermi nel nuovo anno a vivere meglio, per morire meglio. Mi ricordo di aver diretto dei miei confratelli che si sono offerti per mezzo dei voti… Mi hanno edificato col loro zelo, con la loro devozione. Il loro sangue ha sigillato il loro impegno, ed io che ho avuto l’aria di essere il loro maestro e direttore in tutto questo, non sono nulla… Maria, madre mia, non permettete che abbia l’onta di riconoscermi inferiore in virtù ai miei subalterni: datemi un grande amore per voi. Domina mea, numquam quiescam donec obtinuero verum amorem erga te”.
Estratto dal suo taccuino su cui appuntava le meditazioni e conferenze soprattutto per i confratelli:
Scienza
La Congregazione pose uno sviluppo straordinario. Il numero di case aperte è già molto grande eppure non si può soddisfare ad un decimo delle domande che ci arrivano ogni giorno. Il Superiore s’impose l’obbligo di limitarsi nelle nuove fondazioni. Ha imposto a quelli di America di arrestarsi.
Questo sviluppo dovuto certamente alla grazia di Dio, alle preghiere di don Bosco e di molti nostri confratelli od allievi morti in odore di santità, c’impone per noi una grave obbligazione di corrispondere alla speranza, alla fiducia che si ha in noi. Questo ci dovrebbe impegnare a crescere ognor più in virtù e a renderci sempre più atti a fare il bene. Un mezzo di riuscirvi ei pur quello di coltivare molto la scienza. Abbiamo bisogno di prestigio per far del bene in mezzo ai nostri giovani ed anche per ottenere che ci si usi carità e ci si venga in aiuto. Per esercitare lo zelo, per compiere la nostra missione verso la gioventù dobbiamo procurarci quanto più possibile di scienza…
“Il 1895 si getta nell’eternità. Per me è stato ricco di gioie e di dolori. Ho potuto rivedere la casa di Marsiglia, dove ho lasciato in gran parte il mio cuore. Di là sono andato in Terra Santa e sono stato edificato dalla compagnia di don Rua. Quale pietà, spirito di sacrificio e di mortificazione! Quale zelo per la salute delle anime; e soprattutto quale uguaglianza di umore! Ho visto Betlemme, Gerusalemme, Nazaret: quali dolci ricordi! Ho potuto prendere parte al Congresso di Bologna. Ne conservo un ricordo indimenticabile… Ho potuto predicare esercizi in Francia e in Italia, occuparmi degli ordinandi e sono stato ben più soddisfatto degli anni precedenti. Ho scritto qualche pagina su Mons. Lasagna e si è avuto la bontà di apprezzarle. Ma anche l’anno 1895 finì senza che mi sia corretto dei miei difetti più gravi. Il mio orgoglio è tuttora al più alto grado. Il mio carattere è tuttora difficile anche con lo stesso don Rua. La mia pietà è sempre superficiale e non esercita una grande influenza sulla condotta, sulle mie azioni che sono tutte ancora umane e indegne di un religioso. La mia carità è capricciosa e piena di parzialità. Non sono mortificato negli occhi, nel gusto, nelle parole… Le malattie sono assai aumentate: potrei morire da un momento all’altro nello stato in cui sono: non è un’idea, è la realtà, e ne sono consapevole. Voglio mettermi nel nuovo anno a vivere meglio, per morire meglio. Mi ricordo di aver diretto dei miei confratelli che si sono offerti per mezzo dei voti… Mi hanno edificato col loro zelo, con la loro devozione. Il loro sangue ha sigillato il loro impegno, ed io che ho avuto l’aria di essere il loro maestro e direttore in tutto questo, non sono nulla… Maria, madre mia, non permettete che abbia l’onta di riconoscermi inferiore in virtù ai miei subalterni: datemi un grande amore per voi. Domina mea, numquam quiescam donec obtinuero verum amorem erga te”.
Estratto dal suo taccuino su cui appuntava le meditazioni e conferenze soprattutto per i confratelli:
Scienza
La Congregazione pose uno sviluppo straordinario. Il numero di case aperte è già molto grande eppure non si può soddisfare ad un decimo delle domande che ci arrivano ogni giorno. Il Superiore s’impose l’obbligo di limitarsi nelle nuove fondazioni. Ha imposto a quelli di America di arrestarsi.
Questo sviluppo dovuto certamente alla grazia di Dio, alle preghiere di don Bosco e di molti nostri confratelli od allievi morti in odore di santità, c’impone per noi una grave obbligazione di corrispondere alla speranza, alla fiducia che si ha in noi. Questo ci dovrebbe impegnare a crescere ognor più in virtù e a renderci sempre più atti a fare il bene. Un mezzo di riuscirvi ei pur quello di coltivare molto la scienza. Abbiamo bisogno di prestigio per far del bene in mezzo ai nostri giovani ed anche per ottenere che ci si usi carità e ci si venga in aiuto. Per esercitare lo zelo, per compiere la nostra missione verso la gioventù dobbiamo procurarci quanto più possibile di scienza…
17 agosto 1900: salpa da Barcellona per l’America
Settembre 1900: Montevideo, Villa Colon, Las Piedras, Montevideo, Buenos Aires, La Plata, Bernal
Ottobre: Buenos Aires, Moron, S. Isidro, Uribelarrea, Buenos Aires, Bahia Blanca, Fortin Mercedes, Patagones, Viedma, Patagones, Viedma
Novembre: Pringles, Bahia Blanca, Buenos Aires, Lujan, Buenos Aires
Dicembre: S. Nicolas de Los Arroyos, Rosario, S. Nicolas de Los Arroyos, Buenos Aires, Bernal, Buenos Aires, Montevideo.
Gennaio 1901: Villa Colon, Bernal, Buenos Aires
Febbraio: Montevideo, Punta Arenas, Dawson, Candelaria
Marzo: Punta Arenas, Montevideo, Mercedes
Aprile: Paysandù, Buenos Aires, Asuncion
Maggio: Cuiabà
Giugno: Corumbà, Villa Conception, Asuncion
Luglio: Buenos Aires, Montevideo, San Paolo, Lorena, Guaratinguetà, Juiz de Fora, Ouro Preto, Cachoeira do Campo, Araras
Agosto: Guaratinguetà, Lorena, Niteroi, Ponte Nova, Niteroi, San Paolo
Settembre: Ipiranga, Campinas, Lorena, Niteroi, Bahia
Ottobre: Pernambuco
Novembre: Niteroi, Flores, Montevideo, Buenos Aires, Mendoza
Dicembre: Rodeo del Medio, Santiago, Melipilla, Santiago, Talca, Concepcion, Valparaiso, La Serena, Andacollo
Gennaio 1902: Santiago, Macul, Santiago
Febbraio: Valparaiso, Iquique
Marzo: Arequipa, La Paz
Aprile: Lima
Maggio: Guayaquil
Giugno: Cuenca, Gualaquiza, Cuenca
Luglio: Riobamba, Ambato, Quito, Sangolquì, Guayaquil
Agosto: Barranquilla, Honda, Bogotà
Settembre: Contractacion
Ottobre: Bogotà, Agua de Dios, Bogotà
Novembre: Barranquilla, Caracas, Valencia, Caracas, Maracaibo
Dicembre: Curacao, La Guaira, Caracas, Miraflores, Porto Rico
Gennaio 1903: Città del Messico, Morelia, Puebla, Guadalupe
Febbraio: Città del Messico, San Francisco
Marzo: New York, Londra, Burwash, Londra
Aprile: Londra, Parigi, Torino
Lettera a Mons Cagliero sulla visita alla Terra del Fuoco
Montevideo, 23 Marzo 1901
Re.mo e carissimo Monsignore,
arrivai ieri solamente dalla Terra del Fuoco. Un contrattempo avvenuto per causa del vapore che doveva venire a prenderci alla Candelaria, fu causa che dovetti trattenermi più che non pensava in quella missione… In Punta Arenas… I Salesiani poi hanno una casa che sebbene di legno, è comoda e molto bella. D. Bernabè spiega una perizia non ordinaria nel costruire le case e chiese di quegli istituti. La chiesa, poi, costrutta in muratura, è un gioiello, e relativamente non costò molto…
Mons. Fagnano… le cose che fece in quelle missioni sono importanti. Altri, con maggiori riflessioni, non guidati dal cuore e dallo zelo, non si sarebbero gettati in imprese di quella fatta e le missioni non credo esisterebbero. Senza i mezzi che ora di adoperano, non si possono tenere riuniti gli Indii, e non si possono fare veri cristiani.
D’altro lato ora le missioni posseggono un vero capitale ed appena si siano saldati i debiti, se si hanno confratelli capaci di sacrifici e abbastanza intelligenti per far andare avanti le cose si può sperare che le missioni possano vivere…
P. Albera, Lettera a don Giulio Barberis durante la loro visita alle case d’America
Buenos Aires, 14 settembre 1900
Carissimo don Barberis,
è vero che il caro don Gusmano ti scrisse varie volte, tuttavia io sentiva anche il bisogno d’indirizzarti alcune righe. Mi hai mostrata tanta delicatezza di affetto negli ultimi mesi passati a Torino e poi specialmente nella partenza che io non potrò mai dimenticarmene, e di più doveva ringraziartene di gran cuore.
Siamo giunti in America con un viaggio felicissimo. Il Signore ci protesse in tutti i modi. Abbiamo avuto tali riguardi da tutti che non si potrebbe desiderare di più. E ciò è perché noi siamo i figli di don Bosco. Se non ci fossero altre ragioni più gravi, anche questa dovrebbe farci stimare sempre più la nostra vocazione.
Tanto a Montevideo come qui a Buenos Ayres abbiamo vedute cose straordinarie. La Provvidenza si servì dell’umile nostra Congregazione per far cose incredibili. Io sto considerando tutto ciò che vedo e intendo, riservandomi di pronunziare il mio povero parere più tardi…
Certamente farei una figura ridicola se mi presentassi qui come riformatore. Credo che il mio compito sarà piuttosto quello di constatare co’ miei occhi il molto bene fatto ed incoraggiare a fare sempre molto bene in avvenire…
Dal diario spirituale di don Albera (dall’anno 1902 al 1915 in inglese):
Maggio 1902 (Lima)
Oggi, due di Maggio, ho iniziato i miei esercizi spirituali di cui ne sentivo molto bisogno in questa vita da viaggiatori che faccio da 21 mesi. La mia mente è molto distratta e il mio cuore molto arido. Desidero ritirarmi in me stesso e desidero chiedere un qualche ristoro dal Cielo. Mi pare di avere buona volontà di fare questi esercizi con frutto; ma conosco le mie debolezze e perciò confido solamente nella Grazia di Dio.
1. Propongo di fare questi esercizi come se fossero gli ultimi della mia vita. La mia età, i pericoli di questo viaggio, tutto mi ispira il buon proposito di fare bene questi esercizi.
2. Prometto di praticare, in questi giorni, un fervore sempre più grande, pietà e profondo raccoglimento, ascoltando con attenzione la voce di Dio. Loquere, Domine, quia audit servus tuus.
3. Implorerò il divino dottore Gesù Cristo per curare e guarire la mia anima e da questo momento prometto di rimuovere tutti gli ostacoli alla Grazia di Dio.
Dalla prima lettera circolare:
Torino, 25 gennaio 1911
Carissimi Confratelli,
So che era attesa con una certa qual impazienza la prima circolare del nuovo Rettor Maggiore. Da parte mia riconosco io pure che avrei dovuto, appena terminato il Capitolo Generale, informarvi della elezione dei Superiori e di varie altre cose importanti che riguardano la nostra Pia Società…
1. … Come fratello ed amico. Ma voi così buoni e indulgenti verso mia persona, mi perdonerete se compio questo mio dovere con notevole ritardo. Spero che non vorrete attribuirlo a negligenza o a mancanza di buona volontà, ma considerarlo unicamente come effetto di quella dolorosa trepidazione che mi sorprese nel vedermi addossato il peso immenso del governo di tutta la Congregazione Salesiana. Terrete pur conto, non ne dubito, delle gravi ed incessanti occupazioni cui per la mia elezione dovetti sobbarcarmi, le quali non mi permettevano di raccogliere neppure per poco i miei pensieri…
2. La memoria di D. Rua. Ma come potrei io metter mano a scrivere a’ miei cari confratelli senza ricordare Colui che per tanti anni ci fu maestro e guida, coll’esempio, colla parola e cogli scritti nel sentiero della virtù? Come potrei incominciare questa mia circolare senza pagare un tributo di ammirazione e di profonda venerazione all’impareggiabile Rettor Maggiore che la morte ci ha rapito? Scrivo queste pagine in quella stessa umile cameretta che per più di ventidue anni fu testimonio delle sue eroiche virtù. Qui tutto mi parla di lui.
…nella seduta antimeridiana del 16 agosto risultò eletto Rettor Maggiore il povero sottoscritto. È inutile che io tenti di descrivervi la commozione che s’impossessò dell’animo mio in quel momento in cui mi vidi, così indegno, inalzato a sì sublime e formidabile ufficio. Mi parve di essere schiacciato sotto il peso di tanta responsabilità… Appena mi fu permesso, corsi a gettarmi ai piedi del nostro Ven. Padre, lamentandomi fortemente con lui perché avesse lasciato cadere in sì misere mani il timone della navicella salesiana…
… Animato da tanta benignità mi feci ardito di chiedergli qualche norma pratica pel governo della nostra Pia Società, e il Papa con un dolcissimo sorriso sulle labbra rispose: e voi me lo chiedete? Voi non avete a far altro che seguire le tracce di D. Rua. Egli era un santo. In ogni cosa fate come avrebbe fatto egli stesso. NON VI SCOSTATE DAGLI USI E DALLE TRADIZIONI INTRODOTTE DA D. BOSCO E DA D. RUA. Tuttavia aggiungerò una parola: — Ricordate ai vostri dipendenti che Colui a cui servono, Dominus est. Stia loro fisso nella mente il pensiero della presenza di Dio, siano in tutto guidati dallo spirito di fede, con fervore compiano le loro pratiche di pietà e a Dio offrano i loro lavori e sacrifici. Dio sia sempre nella loro mente e nel loro cuore.
1911: Milano, Genova, Este, Trieste, Gorizia, Mogliano Veneto, Schio, Spagna (Barcellona), Impero Austro-ungarico (Oswiecim, Daszawa, Przemysl, Cracovia, Vienna, Radna, Lubiana).
1912: Francia (Parigi, Guernesey), Inghilterra (Londra, Burwash, Farnborough), Belgio (Tournai, Melles, Antoing, Bruxelles, Grand Bigard, St Denis Westem, Liegi, Hechtel, Verviers, Aynaille), Bologna, Faenza, Lugo, Ravenna, Ferrara, Modena, Parma, Borgo S. Donnino, Firenze, Pisa, Collesalvetti, Livorno, Spezia.
1913: Sampierdarena, Varazze, Savona, Alassio, Torrione di Bordighera, Spagna (Matarò, Barcellona, Ciudadela, Campello, Valencia, Cordoba, Montilla, Malaga, Ronda, Ecija, Utrera, Siviglia, Cadice, San José del Valle, Carmona, Madrid, Carabanchel Alto, Salamanca, Bejar, Orense, Santander, Vigo, Bilbao, Huesca, Gerona), Roma, Frascati, Genzano, Macerata, Gualdo Tadino, Trevi, Caserta, Napoli, Castellamare di Stabia, Milano.
1914: Palermo, Marsala, Messina, Alì, Catania, Pedara, Bronte, Taormina, Randazzo, Malta, Modica, Caltagirone.
1915: Lanzo Torinese, Castelnuovo d’Asti, Vercelli, Novara, Foglizzo Canavese, Lombriasco, Biella, Perosa Argentina, Trino Vercellese, Alessandria, Martinetto (Torino), Maroggia, Lugano, Milano, Mogliano, Venezia.
Negli anni della Grande Guerra don Albera sospende le visite canoniche.
Alle 5 si arrivò a Vigo accolti in trionfo: una moltitudine di signori e di autorità, tra cui il Generale Governatore Militare e il Comandante del Distretto di Marina, attendevano don Albera nell’interno della stazione e fuori era un’onda immensa di popolo, mentre dalle finestre e dai balconi delle case si agitavano cappelli e fazzoletti per salutare il Superiore generale dei Salesiani. Don Albera, montato nella carrozza del Municipio coll’Alcalde e il Governatore Militare, scortato dai nostri ginnasti in bicicletta, e seguito da una lunga fila di automobili e di carrozze, si diresse alla casa salesiana, ove i giovani disposti nell’ampio cortile imbandieratolo applaudivano entusiasticamente.
Alla stazione di Passopisciaro, lo attendevano il cav. Avv. Gualtiero Fisauli, Deputato provinciale, il Barone Gregorio Fisauli, Presidente della Congregazione di Carità, il cav. Giuseppe Vagliasindi Presidente dell’asilo infantile, ed altre distinte personalità di Randazzo che salirono in treno con noi. Quando questo entrò in stazione la banda cittadina intonò una marcia e tra salve di bombe e mortaretti e lo sventolio festante di bandiere e bianchi fazzoletti un fragoroso scoppio di ripetuti evviva si sprigionò da tutti i cuori dell’immensa moltitudine che aveva invaso tutto lo spiazzale e i dintorni della stazione, impaziente di dare il benvenuto al Successore di don Bosco.
1918: Inaugurazione del tempio votivo in onore di Maria Ausiliatrice ai Becchi di Castelnuovo d’Asti (in foto la posa della prima pietra).
1919: Milano, Roma, Firenze, Sampierdarena, Pinerolo.
1920: Napoli, Milano, Verona, Novara, Roma.
1921: Frascati, Francia (Nizza Marittima, Navarra, Marsiglia, Montpellier, Roman, Lione, Chateau d’Aix), Morges (Svizzera), Parma, Modena, Milano, Castelnuovo d’Asti.
1918: Inaugurazione del tempio votivo in onore di Maria Ausiliatrice ai Becchi di Castelnuovo d’Asti (in foto la posa della prima pietra).
1919: Milano, Roma, Firenze, Sampierdarena, Pinerolo.
1920: Napoli, Milano, Verona, Novara, Roma.
1921: Frascati, Francia (Nizza Marittima, Navarra, Marsiglia, Montpellier, Roman, Lione, Chateau d’Aix), Morges (Svizzera), Parma, Modena, Milano, Castelnuovo d’Asti.
I congressi vissero una stagione favorevole tra il 1888 e il 1915 e don Albera ne fu tra i più attivi promotori, sia come Direttore spirituale della Congregazione che come Rettor Maggiore. Queste adunanze avevano lo scopo di approfondire il pensiero e stimolare all’azione concreta su argomenti cruciali come l’oratorio e la catechesi oppure di rinsaldare la coesione delle associazioni dei Cooperatori e degli ex allievi/e .
V CONGRESSO 17-18 MAGGIO 1911
“GLI ORATORI FESTIVI E LE SCUOLE DI RELIGIONE”
Proposte e “voti” del Congresso:
. Organizzazione interna e formazione del personale
. Spirito, pratiche di pietà e funzioni religiose
. Insegnamento del catechismo – gare e prediche
. Sport, musica e drammatica
. Educazione sociale – Risparmio e previdenza
. Oratorii femminili
. Scuole di religione
8-10 settembre 1911: Primo Convegno internazionale ex-allievi
23-25 novembre 1911: Primo Convegno delle ex-allieve delle figlie di Maria Ausiliatrice
14-15 marzo 1914: Convegno decurioni dei Cooperatori
20-23 maggio 1920: VIII congresso internazionale dei Cooperatori salesiani, Secondo Congresso internazionale ex-allievi e Secondo Congresso Internazionale delle ex-allieve di Maria Ausiliatrice.
I tre Congressi si svolsero in contemporanea nell’ambito delle celebrazioni per l’inaugurazione del monumento degli ex-allievi a don Bosco sulla Piazza Maria Ausiliatrice.
Il legame con Mons. Cagliero, primo vescovo e cardinale salesiano, missionario in Sudamerica, fu sempre forte e cordiale.
Dal diario spirituale di don Albera:
Dicembre 1915:
Sto per partire per Roma. Andrò a incontrare il Cardinale Cagliero che riceverà la sacra porpora il 6 di questo mese. In questo momento si trova in mare; tremo al pensiero dei pericoli che affronta durante questo viaggio.
Vergine Maria salva il tuo figlio.
Circa 1500 tra confratelli e novizi (quasi la metà del totale) prendono parte al conflitto armato a partire dal 1914, essendo i Salesiani appartenenti a diverse nazionalità anche in conflitto tra loro. Al termine della guerra i salesiani con grado da ufficiale erano 144; cappellani militari: 55; premiati o decorati: 44; feriti: 66; morti: 70.
«Un numero stragrande di carissimi confratelli, fra cui molti giovani sacerdoti, si trovano nella dura necessità di smettere l’abito religioso per rivestire le divise militari; dovettero lasciare i loro diletti studi, per maneggiare la spada e il fucile; furono strappati dai pacifici loro collegi e dalle scuole professionali per recarsi a vivere nelle caserme e nelle trincee, o, quali infermieri, furono occupati nella cura degl’infermi e dei feriti. Ne abbiamo pure non pochi al fronte, ove alcuni già lasciarono la vita, e altri ritornarono orribilmente malconci».
Don Paolo Albera invia 32 lettere Circolari ai Salesiani soldati tra il 19 marzo 1916 e il 24 dicembre 1918.
“Nelle sante e proficue battaglie dell’insegnamento voi foste instancabili, così mentre raccoglievate per voi larga messe di meriti e di benedizioni celesti, davate alla Patria le primizie delle vostre energie intellettuali e morali. Ora la Patria vi domanda anche le energie fisiche, e voi avete risposto con slancio, e con l’ilarità che vi è abituale siete disposti ad ogni sacrificio… Risplenda in tutti i vostri atti la bontà e dolcezza dell’animo vostro. Questo dev’essere il vostro carattere abituale, a questo carattere siete stati formati, in questo dovete perseverare, questo dev’essere il segno che vi fa conoscere per figli di don Bosco… Siate sempre pronti a qualunque servizio verso i vostri Camerati, siate i primi a soccorrerli in tutti i loro bisogni, veggano tutti splendere nel vostro cuore una fiamma ardente di carità che vi rende instancabili per ogni opera buona. Le occasioni non vi mancheranno, e voi non lasciatele sfuggire; coglietele tutte; vi assicurerete le benedizioni del cielo, l’amore di vostri fratelli, sarete fari luminosi di buon esempio…”
Don Albera organizza esercizi spirituali per confratelli militari in periodi di licenza.
Conserviamo 3390, tra lettere e cartoline postali militari, indirizzate a don Paolo Albera o ad altri membri del Capitolo superiore da parte di 791 Salesiani soldati. Don Albera e gli altri superiori mantennero un costante contatto epistolare personale con questi salesiani al fronte.
Lettera del chierico Stefano Ferrando
(poi missionario in India, vescovo di Krishnagar e poi di Shillong. Fondatore delle Suore Missionarie di Maria Aiuto dei Cristiani. Morto nel 1978, con decreto del 3 marzo 2016 papa Francesco lo ha dichiarato Venerabile).
Zona di guerra, 28-7-17
Rev.mo Sig.r don Albera,
Dai primi del mese mi trovo come aspirante ufficiale in un reggimento di fanteria. Non ho ancora vissuto della vita di prima linea e presentemente mi trovo momentaneamente a riposo, concessoci per ritemprare l’animo a futuri cimenti. Ho terminato oggi di leggere l’ultima lettera circolare e come l’ho trovata appropriata specialmente per la mia nuova condizione in cui il rispetto umano si presenta con tanti argomenti sottili e speciosi per intimorire e distrarre l’animo dal professare francamente la nostra fede…
L’esempio di tanti confratelli che in questo tenore di vita mi precedettero e che rifulsero per le loro virtù religiose e militari spero che mi sia di valido aiuto e mi ricordi l’altra milizia alla quale appartengo.
Come sopra le ho accennato forse nuovi cimenti attendono il mio reggimento e mi raccomando perciò alle di lei preghiere perché l’Ausiliatrice mi aiuti e io possa adempire la volontà del Signore….
Ch. Ferrando Stefano
Il Salesiano Novera riporta un’esperienza fortunata in prima linea:
«Ho ricevuto la sua bellissima letterina, con le Massime e i punti da Lei scritti e, di più, l’immagine e la reliquia del nostro caro Fondatore, Venerabile don Bosco, santo a me caro. Questa la porto sempre accanto al mio cuore affinché mi aiuti sempre in tutti i miei bisogni spirituali e temporali. E ne ho sperimentato la sua protezione. Se sono salvo è proprio per miracolo. Il giorno 22 del mese scorso, trovandomi in trincea in prima linea di sentinella, vicino ad un pezzo da montagna che funzionava, il nemico, per farlo tacere, tirò 8 colpi da 152, tutti in giro al pezzo, per cui uno mi cadde a 6 metri di distanza. Si figuri che portò per aria molte pietre ad un’altezza molto alta, di cui una grossa come due pugni assieme, mi viene proprio a cadere sull’elmetto in mezzo alla testa e mi ha rotto il cappello di ferro, ma, senza sentire il minimo dolore, sono stato sano e salvo. E poi, quante altre volte, ho provato la protezione di don Bosco».
(ASC, B0440146, Novera-Albera, 14.12.1917; dati anagrafici non reperiti)
«Con Ressico e Ramezzana sono in un posto avanzato sotto il fuoco nemico, ove esperimentiamo ogni giorno la singolare protezione della nostra Madre Maria SS. Ausiliatrice. I disagi, i gravi sacrifici che mi impone questa vita, mentre danno l’occasione di acquistare qualche merito per il Cielo, mi presentano vari lati della vita che ancora non conoscevo, mi forniscono un’esperienza che mi sarà utilissima nella nostra vita salesiana. Vari dei nostri compagni della terza sezione sono già stati feriti assai gravemente in momenti difficili, mentre stavano portando feriti, invece noi finora siamo illesi».
(ASC, B0400589, Bosio-Manassero, 17.11.1915, successivamente recapitata a don Albera)
Il Salesiano Miglio, con i gradi di tenente, perde la vita salvando in modo eroico i suoi commilitoni. Così testimonia con riconoscenza uno dei soldati:
«Se sono ancora vivo lo devo a lui […] Eravamo in trincea a quota 1050. Durante il furioso bombardamento della notte scorsa, il tenente Miglio fece entrare quanti più soldati paoté nel suo “baracchino”. Io ero rimasto all’entrata, ed egli: Più avanti, più avanti! C’è ancora posto. Ed invitò ripetutamente i soldati a stringersi e pigiarsi di più, per far posto agli altri.
Egli rimase in trincea, all’imboccatura. Un bomba cadde vicino al “baracchino” e scoppiò con gran fragore. Il baracchino si sfasciò e noi rimanemmo sepolti. Quando ci dissotterrarono si venne a sapere che il tenente e qualche soldato furono proiettati a brandelli lontano dal posto dello scoppio. Avrebbe potuto rifugiarsi anche lui, si sarebbe salvato, volle riservare tutto il posto ai suoi soldati».
(E. Valentini, Ricordo di un eroe, 47).
L’attenzione per i giovani più in difficoltà è in cima ai pensieri di don Albera. Ai Salesiani non impegnati al fronte chiede sforzi raddoppiati per coprire il lavoro dei confratelli in guerra e neanche una casa verrà chiusa durante il periodo bellico, proprio per assicurare la migliore assistenza ai giovani. Con la guerra ancora in corso e con scarsità di personale non esita ad aprire orfanotrofi e a offrire aiuto a tutti, su entrambi i fronti del conflitto bellico (e la stessa politica sarà adottata dalle Figlie di Maria Ausiliatrice). Particolare enfasi venne data, nel 1916, all’apertura dell’orfanotrofio di Pinerolo-Monte Oliveto.
Dalla lettera di don Paolo Albera al Primo Ministro Salandra:
«Eccellenza,
Ogni qualvolta la patria nostra venne colpita da qualche sventura il Ven. Don Giovanni Bosco e poscia il suo degno successore il Rev.mo Don Michele Rua prestarono sempre volentieri l’opera loro a sollievo delle pubbliche necessità… Ora poi vedendo aumentare ogni giorno più il numero dei poveri giovanetti orfani e derelitti, credo sia giunto il momento di prestare alla patria, nella persona di tanti poveri fanciulli, un aiuto più immediato ed efficace… ho deciso di aprire un apposito Istituto per giovanetti dagli otto ai dodici anni, che trovinsi abbandonati, o perché orfani di madre e con il padre sotto le armi, o perché abbiano perduto il padre in guerra. A questo scopo ho destinato un vasto edifizio situato sopra una ridente collinetta, detta Monte Oliveto, presso Pinerolo… Nel partecipare a V. E. questa mia iniziativa nutro ferma fiducia che vorrà prestare tutto l’appoggio di sua autorità a quest’opera, la cui finalità, per ciò stesso che ha per iscopo l’educazione e istruzione di giovanetti per formarne onesti e laboriosi cittadini, è tutta in favore dei più alti interessi della Patria».
Bollettino Salesiano, 40 (maggio 1916), 131
La Congregazione salesiana aveva aperto orfanotrofi anche in altre parti d’Europa. Fu impegno personale di don Albera garantire la possibilità di una vacanza in Italia per 100 ragazzini austriaci nel 1920.
Dalla lettera di un orfanello alla mamma:
Cara mamma, qui si sta bene, si mangia bene, si gioca, si va a passeggio e si sta allegri. Dunque non piangere più come quando che io ero a casa, che tutte le sere a cena piangevi pensando al babbo morto in guerra. Quando che sarò grande, voglio farti star più bene che quando c’era papà. Fatti coraggio. Io sto meglio che a casa. Ci hanno dato a tutti un bel letto di ferro verniciato, un catino, un pezzo di sapone, un tavolino da notte… Addio, stà allegra. Ogni mattina nella messa e comunione io prego per te e per il babbo. I superiori sono buoni e mi vogliono bene. Addio, mille baci affettuosi dal tuo Pinot.
Un’altra opera che stava molto a cuore a don Albera era l’oratorio. Negli anni immediatamente dopo la fine della Guerra ne sorsero un po’ ovunque, anche in contesti con problematiche sociali molto complesse. Nella sola città di Torino due oratori videro la luce in quegli anni, quello del San Paolo e quello del Monterosa.
Il primo ad avere, sul finire del 1918, una struttura già consolidata, fu quello del San Paolo:
“Il giorno 8 dicembre quella tettoia con pagliaio , ora divenuta cappella, decorata più di fede e di speranze che di pittura e di addobbi, accoglieva una moltitudine di fanciulli, più di 300, di gente del popolo, di amici, di benefattori della prima ora… Don Paolo Albera, col pianto negli occhi celebrò la Messa, distribuì la Comunione ai ragazzi… parlò con quella dolcezza che lo ha reso indimenticabile a chi lo conobbe; e si trattenne dopo con essi, facendoli rallegrare con qualche regaluccio. Il Signor Gastaldo gli rivolse a nome di tutti parole di ringraziamento a cui Egli rispose da un balcone. La gente del popolo, i padri e le madri di famiglia, capirono che avvicinare il prete significa venir in contatto con la bontà. E furono conquistati”.
(Dall’Adolescente, n. 11, Novembre 1925, p. 30 e 66. L’autore è don Alberto Caviglia)
“Verso le 14 e mezzo la salma venne trasportata nella chiesa succursale del Santuario, vestita di cotta e stola, col crocifisso e il rosario tra le mani.
… Funerali il 30 ottobre. “Per tutta la mattinata, dalle 5 alle 14,30 quando il feretro fu chiuso, la salma venne ancora salutata con preghiere e con segni del più tenero affetto da migliaia e migliaia di cittadini…” (Il Momento).
Funerali nel pomeriggio. Corteo imponente per le vie di Torino a partire dalle ore 15, per due ore e mezzo di sfilata”.
(Domenico GARNERI, don Paolo Albera secondo successore di don Bosco. Memorie biografiche, Torino, Società Editrice Internazionale 1939, p. 419-420)
Vuoi sapere se possiedi lo spirito del Ven. Don Bosco?
Esaminati bene:
. Se il tuo carattere è costantemente uguale e santamente allegro
. Se la tua carità verso il prossimo è veramente dolce e paziente
. Se vivi come una vittima ognor disposta al sacrificio
Ti auguro che la tua coscienza possa rispondere affermativamente a questa domanda.
Gennaio 1915 – Sac. P. Albera